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Mercato libero dell’energia: ma le aziende sono davvero pronte?

Il mercato libero dell’energia, come dimostrano i terremoti economici degli ultimi anni, è estremamente variabile. Gli operatori, per poter offrire prezzi ragionevoli per le famiglie, ma remunerativi per loro, devono elaborare tariffe estremamente arzigogolate e complesse. La Tariffa del Servizio di Maggior Tutela costituisce un baluardo di equità. E non sembra che le imprese siano pronte a fare a meno di un simile bastione di equilibrio per il mercato libero dell’energia.

Il mercato libero dell’energia è stato inugurato il 1° luglio 2007. Fino ad allora, era in vigore un’unica tariffa, comune, in generale, a tutti gli italiani, una per l’energia elettrica e una per il gas. I fornitori di energia potevano variare da area geografica ad area geografica, ma in ciascuna area ce n’era uno e uno solo. Pertanto, le famiglie non potevano scegliere né il fornitore, né la tariffa.

Il 1° luglio 2007 il mercato libero dell’energia fu aperto. Dunque, le famiglie oggi si trovano dinanzi a una pluralità di fornitori tra cui scegliere e una varietà di tariffe tra cui individuare quella che si preferisce. Persiste tuttavia un ingombro che non ha mai reso quella liberalizzazione completa. Quell’ingombro dovrebbe essere superato il 10 gennaio del 2024. Ma siamo sicuri che sia proprio un ingombro?

 

Una presenza scomoda … ma anche no!

L’ingombro si chiama Tariffa del Servizio di Maggior Tutela. Questa tariffa viene determinata dall’ARERA, l’Autorità che regola il mercato dell’energia e che ogni trimestre ne aggiorna i parametri. Si tratta, dunque, di una tariffa di Stato, di fatto, che fu istituita per agevolare il passaggio graduale al mercato libero da parte delle famiglie. Tuttavia, a distanza di 15 anni, quella tariffa è ancora lì. È vero: dal 2024 questa tariffa dovrebbe essere abolita. Ma è anche vero che a tutt’oggi un terzo delle famiglie italiane ancora si avvale di questa tariffa. È un sintomo eloquente del fatto che le famiglie hanno ancora una forte ritrosia rispetto al mercato. Sarebbe, dunque, anzitutto necessario comprendere l’origine di tale ritrosia, allo scopo di intervenire sugli ostacoli che limitano l’apertura spontanea delle famiglie al mercato. Perché questa ritrosia è un campanello di allarme sul reale stato di salute del mercato stesso.

Cerchiamo allora di capire meglio quali sono le caratteristiche del mercato libero dell’energia.

 

Struttura generale del sistema di fornitura di energia

Anzitutto, cerchiamo di capire sommariamente come accade che energia elettrica e gas arrivano a casa nostra. Il sistema di fornitura di energia, sia essa elettricità o gas, è piuttosto complesso. Nella sostanza la rete è una. Tecnicamente c’è una rete ad alta tensione, una rete a bassa tensione … ma in ogni caso, i fili e i tubi che ci arrivano a casa quelli sono e ciascuno, in casa propria, ha uno e un solo contatore. O meglio: ne ha uno per l’energia elettrica e uno per il gas. Chi gestisce quei contatori con suoi i fili o i suoi tubi è un unico soggetto, che tecnicamente è chiamato Distributore. Per ogni area geografica c’è uno e un solo Distributore, anche se in diverse aree geografiche i distributori possono essere diversi. Pertanto, in conclusione, chi ci porta la corrente elettrica o il gas a casa è un soggetto che non possiamo scegliere: quello che c’è nella zona di casa, quale che sia, ce lo dobbiamo prendere e non possiamo cercarne un altro.

… o bella … e il mercato libero???? Ciò che è stato liberalizzato non è il mercato della distribuzione, ma quello della vendita. Quando stipuliamo il contratto di fornitura di energia elettrica o di gas, non lo stipuliamo con chi ci porta effettivamente la corrente a casa, ma con un venditore, che, generalmente, non possiede né tubi né fili, ma che ci propone i prezzi della fornitura. Pertanto, una volta che abbiamo stipulato il contratto con il venditore, questi periodicamente chiede al distributore quanta energia abbiamo consumato e, sulla base di questa informazione, prepara la bolletta, applicando ai consumi dichiarati dal distributore i prezzi concordati nel contratto.

 

Ma perché una distinzione tra distributore e venditore?

Si dirà: ma c’era bisogno di complicare così le cose? Non si potevano liberalizzare i distributori senza introdurre questa stramberia dei distributori che ci mandano l’energia a casa, mentre noi facciamo i contratti con un venditore che quell’energia non la vede neanche???? Il punto è che fili e tubi quelli sono. Se volessimo cambiare il distributore di energia, dovremmo cambiare il contatore, i fili, le connessioni … sarebbe un disastro. Ciò che si è preferito fare è stato creare una molteplicità di venditori che propongono prezzi diversi applicati su un’unica rete di distribuzione dell’energia, che distribuisce la stessa energia elettrica o lo stesso gas a tutte le famiglie di una stessa area. Di fatto, si è creato un mercato concorrenziale, là dove c’è un monopolio fisico, cioè un’unica rete di distribuzione di energia.

Da questo punto di vista, si tratta di uno stratagemma geniale: si è creato un mercato dove mercato non c’è!

 

 

Il grande inghippo: un mercato ingrippato

Quando il mercato è stato creato, però, ci si è scontrati con un problema strutturale non di poco conto. I venditori sulla base di quali criteri stabiliscono i prezzi dell’energia che ci vendono? Semplificando, in sostanza, sono loro, i rivenditori, che comprano l’energia (sia essa energia elettrica o gas) dai distributori, a un certo prezzo e poi ce la rivendono. Tale prezzo è fortemente condizionato da quello che l’energia stessa o le materie prime necessarie a produrla hanno sui mercati internazionali. Ora: il problema è che i prezzi internazionali di questa energia o di queste materie prime sono estremamente variabili. Ne stiamo facendo esperienza in questi mesi.

Questa variabilità dei prezzi internazionali comporta che anche i prezzi tra distributori e venditori siano estremamente variabili. Tutto ciò sottopone i venditori a fortissimi rischi. Se ci fissassero un prezzo e ne sbagliassero la quotazione, potrebbero andare a gambe all’aria in due giorni. Facciamo un esempio. Il consumo di energia elettrica si misura in chilowattora (kWh). Poniamo che un fornitore ci proponga un prezzo di 10 centesimi per kWh. Ci propone quel prezzo perché in quel momento le materie prime per produrre l’energia hanno un valore tale che a lui acquistare quell’energia costa 3 centesimi a kWh e quindi ha un guadagno di 7 centesimi per kWh. Ora, se dopo due mesi il prezzo internazionale di quelle materie prime decuplica, percui l’energia che ci vende gli costa 20 centesimi, il guadagno si trasforma in una perdita di 10 centesimi a kWh. Quel venditore, praticamente, fallisce in pochi giorni!

 

 

Un mercato molto complicato

È da questo inghippo che nasce l’incomprensibilità delle bollette e delle tariffe. Per determinare e aggiornare la Tariffa del Servizio di Maggior Tutela, la tariffa di Stato transitoria, ARERA è costretta a tenere in considerazione una quantità spaventosa di parametri, in prevalenza incomprensibili a una persona non esperta. Il bilanciamento di questi parametri le consente di formulare una tariffa che garantisce un guadagno agli operatori, qualunque cosa accada ai prezzi internazionali, ma, a un tempo, anche una tariffa equa alle famiglie. Naturalmente, affinché la tariffa possa funzionare, deve essere aggiornata frequentemente. E infatti, ARERA la aggiorna ogni tre mesi.

L’esistenza di una tariffa così equilibrata induce, inevitabilmente, anche gli operatori sul mercato libero a prenderla a modello di riferimento. La maggior parte delle tariffe sul mercato, in effetti, ereditano l’intera Tariffa del Servizio di Maggior Tutela e poi propongono degli sconti o modificano pochi specifici parametri. Tipicamente propongono un prezzo specifico per una componente chiamata Prezzo dell’Energia oppure uno sconto percentuale su quello stesso Prezzo dell’Energia stabilito dall’Autorità. Perciò, le prime, definite tariffe a prezzo fisso, hanno una forma del tipo: 10 centesimi a kWh per la componente Prezzo dell’Energia. Le seconde invece vengono presentate nella forma: 20% di sconto sulla componente Prezzo dell’Energia stabilito dall’Autorità.

 

 

L’effetto di queste tariffe sulle bollette delle famiglie

Tariffe simili hanno il pregio di essere apparentemente semplici. Ma contengono una serie di insidie non sempre facili da comprendere da chi le sottoscrive.

 

  • Anzitutto, l’operatore non stabilisce tutta la tariffa che viene fatturata in bolletta, ma solo una parte. L’altra parte è stabilita dall’Autorità e modificata ogni tre mesi. Poiché difficilmente un utente comune conosce tutte le componenti della tariffa dell’Autorità e tanto meno il valore stabilito in un dato tempo, evidentemente l’utente ignora, di fatto, la struttura completa della tariffa che gli viene o gli verrà applicata.
  • Tale tariffa, peraltro, cambierà nel tempo, perché le parti non stabilite dall’operatore vengono trimestralmente modificate da ARERA in modo assolutamente imprevedibile dall’utente. Quindi, se volesse verificare se a dicembre di quest’anno con l’attuale operatore paga di più o di meno rispetto a marzo dell’anno scorso con il precedente operatore, farebbe una fatica terribile, perché dovrebbe verificare nelle due bollette quali sono le componenti che ha stabilito l’operatore e quali l’Autorità. Se l’utente non è un esperto, difficilmente riuscirà a fare il confronto, oppure lo farà sbagliato.

In conclusione, queste tariffe sono in realtà talmente complesse per un utente comune, che è per lui impossibile controllare la correttezza della fatturazione o confrontare i costi che sta sostenendo con quelli che sosterrebbe con una tariffa diversa.

Di fatto, l’utente, tendenzialmente, non è in condizione né di controllare che cosa paga, né di scegliere.

 

 

Il problema strutturale

Ci si potrebbe domandare: ma non si potrebbero fare tariffe del tipo flat, cioè piatte, come ci sono nella telefonia? Che ne so: 200 kWh al mese a 50 euro! … Oppure: prezzo completo a kWh di 60 centesimi, senza alcun riferimento alle componenti dell’Autorità …

Sì, certo, in teoria si potrebbe. Anzi, in verità tariffe di questo genere ci sono anche sul mercato libero. Il problema è che sono estremamente care. A causa della variabilità dei prezzi internazionali, gli operatori sono costretti a elaborare tariffe molto alte in questi casi, per non rischiare, come si diceva, di trovarsi in condizione di non poter sopravvivere economicamente.

La conclusione è evidente. Il problema della scarsa appetibilità del mercato libero non è dovuto alle famiglie. Il punto non è che le famiglie sono pigre, come talvolta capita di sentire dire. Il problema è delle imprese. Sono le imprese, cioè gli operatori venditori, che non hanno ancora trovato una soluzione per rendere le loro tariffe comprensibili agli utenti ed economicamente sostenibili per loro.

È inutile nascondersi dietro a un dito. Fino a che non si risolve questo dilemma, un dilemma dell’offerta, non della domanda, un mercato libero dell’energia non può esistere. È una finzione. In questa ottica, è ineludibile porsi il problema se sia davvero il caso di far decadere, all’inizio del 2024, la Tariffa del Servizio di Maggior Tutela. Fino a che gli operatori non hanno risolto i loro dilemmi, questa tariffa di Stato, per quanto apparentemente assurda, costituisce l’Albero Cosmico del mercato. Rimuoverla potrebbe costituire un disastro per lo stesso mercato libero.

 

© L’Irriverente, 2022

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