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Legge elettorale Rosatellum: un fritto misto, che raccoglie il peggio dei sistemi elettorali – vademecum per l’elettore

Il 25 settembre andremo a votare con una legge, il Rosatellum, che unisce il peggio del maggioritario al peggio del proporzionale. Qualche indicazione pratica per votare consapevolmente.

Il prossimo 25 settembre siamo chiamati a eleggere i rappresentanti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. La legge che regola il modo in cui esprimere il voto e i criteri con i quali saranno assegnati i seggi parlamentari è la Legge del 3 novembre 2017, n.165 entrata in vigore l’11 novembre 2017. Tale legge ebbe come relatore il deputato Ettore Rosato, ai tempi appartenente al gruppo del PD, oggi di Italia Viva. Per questa ragione, tale legge è definita Legge Rosato, volgarmente Rosatellum.

Si tratta di un’autentica legge guazzabuglio, concepita alle soglie delle elezioni dell’aprile 2018 per impedire al Movimento 5 Stelle (allora considerato assoluto vincitore), di poter formare un governo da solo. La legge, pertanto, fu concepita con lo scopo esplicito di rendere il parlamento ingovernabile. E in effetti, ci riuscì. Lo scopo di questo articolo è di spiegare come funziona la legge elettorale Rosatellum, per aiutare a scegliere il più consapevolmente possibile il proprio voto sulla base delle proprie convinzioni.

 

Struttura dell’articolo

L’articolo è così strutturato: dapprima chiariremo quali sono gli scopi di una legge elettorale; quindi, offriremo un quadro sintetico del sistema proporzionale e di quello maggioritario; infine, presenteremo la legge elettorale Rosatellum e proporremo un esempio del suo funzionamento, sulla base di alcuni recenti sondaggi. In questo modo speriamo di aiutare i lettori a farsi un’idea di quali sono pregi e difetti della legge elettorale Rosatellum.

 


INDICE
  1. Gli scopi di una legge elettorale
  2. La rappresentatività e il sistema proporzionale
  3. La governabilità e il sistema maggioritario
  4. Il guazzabuglio della legge elettorale rosatellum
  5. In che senso la legge elettorale rosatellum è un guazzabuglio?
  6. Che cosa ci prospettano i sondaggi
  7. Conclusioni

 


 
1. Gli scopi di una legge elettorale

La legge elettorale Rosatellum, dicevamo, regola il modo in cui si esprime il voto degli elettori e come dal voto si selezionino i candidati eletti alle due Camere. Secondo Costituzione, le Camere hanno due ruoli fondamentali:

  • Dare la fiducia al Governo, il cui Presidente del Consiglio è stato incaricato dal Presidente della Repubblica;
  • Elaborare e approvare le leggi, che verranno controfirmate dal Presidente della Repubblica.

La funzione legislativa (che corrisponde al secondo punto) richiederebbe che le Camere fossero il più possibile rappresentative della popolazione italiana, cioè del “popolo”, come dice la Costituzione. Quel “popolo” a cui, secondo il suo primo articolo, appartiene la sovranità. La prima funzione, tuttavia, richiede che il Parlamento possa facilmente votare la fiducia a un Governo e confermargliela stabilmente, in modo che esso sia in grado di governare, possibilmente per un’intera legislatura. Questi due principi, quello della rappresentatività e della governabilità, fanno spaventosamente a cazzotti tra loro e costituiscono il dilemma per eccellenza di tutte le leggi elettorali. Trovare un equilibrio tra loro è dannatamente complicato. E se consideriamo la durata dei governi in Italia dal 1948 a oggi, possiamo pacificamente affermare che in Italia quell’equilibrio non è mai stato trovato.

In termini di legge elettorale, questo dilemma si traduce nella scelta tra un sistema proporzionale e un sistema maggioritario. Nei prossimi paragrafi cercheremo di spiegare meglio in che cosa consistono questi due sistemi, quali sono i loro punti di forza e quali quelli di debolezza.

 


 
2. La rappresentatività e il sistema proporzionale

Sarebbe naturale pensare che un Parlamento debba rappresentare il popolo… ma in che senso? Lo si potrebbe rappresentare per fasce d’età; oppure per professione; o per sesso (… e già qui rischieremmo di infilarci in meandri inestricabili, scatenando baruffe senza fine … lasciamo stare …). Gli Ateniesi, che si dotarono della prima Costituzione democratica della storia (per quanto se ne sa), suddivisero il territorio di Atene in Demi, cioè in quartieri e poi sceglievano i loro rappresentanti mediante estrazione a sorte in ciascun Demo. I sistemi moderni fanno, in effetti, qualcosa di simile: suddividono il territorio in collegi elettorali e da ciascun collegio vengono scelti uno o più rappresentanti. Il criterio di scelta dei rappresentanti, però, non è più l’estrazione a sorte tra la popolazione dei collegi, ma un voto espresso dalla popolazione del collegio rispetto a una lista di rappresentanti. Ma come il voto si traduce in candidati eletti?

 
 
 
La rappresentatività secondo le idee politiche

Sostanzialmente, si ritiene che il criterio di selezione dei rappresentanti debba basarsi sulle idee politiche del popolo. La cosa ha effettivamente un suo senso, dal momento che il Parlamento è un’istituzione politica. Come rappresentare le idee, allora? Alla fin fine, è questa la funzione dei partiti. Essi si presentano davanti al popolo, fanno una propria proposta politica e gli elettori scelgono persone e partiti sulla base delle idee che esprimono. In Parlamento, allora, si scelgono i rappresentanti in proporzione al consenso dei partiti presso il popolo. Questo è esattamente il criterio alla base del cosiddetto sistema elettorale proporzionale. I seggi in Parlamento vengono assegnati ai partiti in proporzione alla percentuale di voti ottenuti dai partiti e saranno poi distribuiti tra i candidati dei partiti sulla base di liste precostituite (oppure, se il sistema lo prevede, in base a un sistema di preferenze espresso dall’elettorato).

 
 
 
Pregi e difetti del sistema proporzionale

Il sistema proporzionale ha il pregio di creare un Parlamento che è lo specchio delle posizioni politiche dell’elettorato. Tuttavia, questo tipo di Parlamento, solitamente, è estremamente instabile. Ed è questo il suo problema. I sistemi elettorali proporzionali inducono alla nascita di una pletora di partitini e partitelli, ciascuno con una propria rappresentanza in Parlamento. Il risultato è un Parlamento talmente frammentato, che, per dare la fiducia a un Governo, è necessaria la coalizione di un grande numero di partiti; e più sono i partiti, più è instabile il Governo. La rappresentanza è perfetta, ma il Governo non lavora. Oppure, per poter lavorare, deve costantemente, anche per il più semplice provvedimento, cercare compromessi tra i capricci di partitucci che si comportano come infanti che giocano a macchinine.

Spesso, per superare questa difficoltà, si introduce nella legge elettorale una soglia minima di voti per poter accedere in Parlamento. Tuttavia, si tratta sempre di un pagliativo, che non risolve il problema: se la soglia è troppo alta, lo scopo della proporzionalità svanisce; se è troppo bassa, è inutile.

 
 
 
Il problema della scelta dei rappresentanti

Un secondo limite dei sistemi proporzionali è la tendenza a non consentire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti, delegando tale scelta ai partiti. Ogni partito, infatti, propone una lista di candidati.

Fino ai primi anni Novanta, in Italia l’elettore poteva indicare sulla scheda elettorale una o più preferenze, cioè scegliere uno o più candidati della lista come propri rappresentanti. Tuttavia, i ceti dirigenti dei partiti presero ad approfittare di questo sistema: a coloro a cui promettevano favori chiedevano di votare indicando 3 o 4 specifiche preferenze; a ciascun elettore le preferenze “suggerite” erano diverse e in questo modo ogni voto era riconoscibile, rendendo così possibile sapere chi aveva seguito le indicazioni del partito e chi no. In sostanza, la segretezza del voto, stabilita dalla Costituzione e dai più banali principi di democrazia, veniva violata; per non parlare del fatto che tale pratica era associata a quell’aberrazione che è il voto di scambio (cioè, tu elettore mi voti e io partito ti garantisco dei favori).

Il malcostume dei ceti dirigenti dei partiti indusse, così, a eliminare il potere di scelta degli elettori dalle schede elettorali: i ceti dirigenti dei partiti si accollarono interamente tale scelta. Così, oggi, a ogni partito è associata una lista di candidati che è stata a priori elaborata dalle segreterie dei partiti e sulla base dei seggi conquistati dal partito, essi vengono assegnati ai candidati seguendo l’ordine con cui compaiono nella lista. In conclusione: la scelta dei singoli rappresentanti in Parlamento è totalmente fuori controllo degli elettori e interamente gestita dai ceti dirigenti dei partiti.

 


 
3. La governabilità e il sistema maggioritario

È proprio per superare i limiti del sistema proporzionale che è stato concepito il sistema cosiddetto maggioritario. Questo sistema si basa sull’idea che chi prende più voti prende tutto o almeno la quota prevalente di seggi. Tipicamente, l’ambito in cui si valuta il chi prende più voti è una certa area territoriale; oppure riguarda specifiche cariche. È quello che accade, per esempio, nella legge per l’elezione dei sindaci. È il sistema con cui si eleggono Deputati e Senatori in rappresentanza di singoli Stati negli Stati Uniti; così come il sistema con cui si elegge il Presidente negli Stati Uniti o in Francia.

Quando applicato alla selezione dei rappresentanti di una camera elettiva, i partiti o una coalizione di partiti propongono in ciascun seggio un solo nome. Nella scheda elettorale, pertanto, l’elettore trova una lista di nomi a ciascuno dei quali è affiancato il simbolo del partito o della coalizione che lo appoggia. Il voto sarà espresso sui nomi e dal voto, in ciascun collegio, emergerà un singolo nome a cui sarà attribuito un seggio in Parlamento.

 
 
 
Pregi del sistema maggioritario: un candidato espressione dell’elettorato

In un sistema elettorale maggioritario i partiti hanno, per certi aspetti, un ruolo marginale, perché l’attenzione degli elettori si concentra più sui nomi dei candidati che sui partiti che lo sostengono e alla fine in ogni collegio emerge il candidato scelto dagli elettori, il quale rappresenterà l’intero collegio e avrà con tutti gli elettori del collegio un legame forte.

Tipicamente gli elettori scelgono il candidato in cui si riconoscono di più, spesso indipendentemente dal partito o dai partiti che lo appoggiano. In effetti, in questo tipo di sistemi elettorali, l’elettorato è più fluido e meno legato, di volta in volta, a uno specifico partito. I rappresentanti in Parlamento, pertanto, sono espressione più di una scelta degli elettori che non dei partiti e i partiti saranno indotti a proporre candidati appetibili per l’elettorato e non a leccapiedi proni alla volubilità dei ceti dirigenti dei partiti.

 
 
 
Difetti del sistema maggioritario: minore rappresentatività della distribuzione partitica

D’altro lato, il Parlamento che ne esce è meno rappresentativo della distribuzione partitica dell’elettorato: solitamente qualche partito o qualche coalizione ne esce sovra-rappresentata e qualche altra sotto-rappresentata. In particolare, i partiti più piccoli non riescono a ottenere rappresentanza in Parlamento, a meno che non si coalizzino con partiti più grandi. La minor rappresentanza partitica consente di formare Governi più stabili. Pertanto, il sistema maggioritario, tendenzialmente, produce una maggior governabilità a discapito di una minore rappresentatività.

Nel 1993 passò a larghissima maggioranza un referendum, il cosiddetto referendum Segni, da cui uscì esattamente una legge di questo tipo. Ma poi, il Parlamento decise di annacquarlo, con una legge, definita Mattarellum (qualcuno sa indovinare perché?), che affiancò, accanto alla quota di seggi assegnati con criterio maggioritario, una quota assegnata con criterio proporzionale. Questa legge non soddisfò nessuno, perciò la si volle migliorare. Da allora, però, si sono susseguite una serie di leggi improntate sempre a questo criterio misto tra maggioritario e proporzionale. Ovviamente, hanno finito, tutte, per risultare assolutamente insoddisfacenti.

 


 
4. Il guazzabuglio della legge elettorale rosatellum

Veniamo dunque alla nostra legge elettorale Rosatellum. Come forse si sarà già intuito, l’attuale legge elettorale non è né maggioritaria né proporzionale, ma un misto dei due sistemi: il 37% dei seggi viene attribuito con sistema maggioritario, mentre il 61% con metodo proporzionale (il residuo 2% viene eletto dagli italiani all’estero). Ci si aspetterebbe che nella cabina elettorale venissero consegnate due schede per ogni camera rappresentativa: una per il metodo proporzionale e una per il metodo maggioritario. E invece no, ogni elettore riceverà una sola scheda per la Camera e una sola per il Senato … Ohibò … e allora come si distribuisce la quota proporzionale e quella maggioritaria? … he he … qui sta il trucco …

 
 
 
Come votare? Una scheda, un voto, molti seggi

La magia del Rosatellum consiste nel fatto che con un unico segno, l’elettore distribuirà seggi a destra e a manca in tutte le quote. La scheda che ciascun elettore riceverà è quella che riproduciamo qui di seguito e che abbiamo trovato su Wikipedia.

FIGURA 1 – Esempio di scheda elettorale della legge elettorale Rosatellum (fonte: www.wikipedia.it, Legge Rosato – l’immagine è sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International)

Come si può notare, sotto ogni nome sono indicati uno o più simboli di partito con una loro lista di candidati.

  • Il nome è quello del candidato al collegio uninominale.
  • I simboli dei partiti sono quelli della coalizione che sostiene il candidato al collegio uninominale
  • Le liste sono quelle dei singoli partiti e relative ai collegi proporzionali

 
 
 
Come esprimere il proprio voto

Come può votare l’elettore e qual è il suo effetto?

  • Se pone una croce sul nome del candidato all’uninominale:
    • Il voto è attribuito al candidato per la quota uninominale;
    • Il voto è esteso alla coalizione di partiti per la quota proporzionale; il voto verrà poi distribuito in modo ulteriormente proporzionale tra tutti i partiti della coalizione sulla base dei voti espressi dagli altri elettori del collegio;
  • Se pone una croce sul simbolo di un partito:
    • Il voto è attribuito sia al partito per la quota proporzionale che al candidato per la quota uninominale.
  • Attenzione! Se si pone una croce sia sul simbolo di un partito che su un candidato alla quota uninominale, il voto è valido, purché il partito appartenga alla coalizione che sostiene il candidato. Non è possibile, invece, il voto disgiunto, votare cioè un candidato all’uninominale e il partito di un’altra coalizione: in questo caso, il voto sarà annullato.

 
 
 
L’assegnazione dei seggi conseguente al voto

L’assegnazione dei seggi per la quota proporzionale sarà stabilita sulla base della distribuzione proporzionale dei voti a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato. La distribuzione delle quote proporzionali è ulteriormente complicata da una serie di soglie di voti per partito, che sono tuttavia estremamente complicate. Per chi fosse interessato ad approfondire il tema delle soglie, può consultare la pagina di Wikipedia sulla Legge Rosato, che offre molti dettagli ulteriori, in forma divulgativa.

 


 
5. In che senso la legge elettorale rosatellum è un guazzabuglio?

Potrebbe sembrare superfluo chiedersi in che senso il Rosatellum è un guazzabuglio, dopo la fatica che abbiamo fatto a descriverla. Tuttavia, se si riprendono in considerazione le osservazioni che abbiamo fatto nella prima parte dell’articolo, forse le criticità di questa legge elettorale emergeranno meglio. Ricordiamo pregi e difetti dei due sistemi: il maggioritario consente all’elettore di scegliere il proprio candidato e di garantire maggiore governabilità, a discapito, però, della rappresentatività partitica; il proporzionale garantisce la rappresentatività partitica, a discapito della governabilità e della scelta dei candidati da parte degli elettori. Ebbene, il Rosatellum riesce a sacrificare la rappresentatività partitica a discapito della scelta dei candidati e della governabilità. Un autentico capolavoro! Ma come questa legge riesce a raggiungere un risultato tanto eccelso? Proviamo ad approfondirlo.

 
 
 
La disproporzionalità della rappresentanza

La caratteristica più evidente è il fatto la legge elettorale Rosatellum non rispecchia la distribuzione partitica dell’elettorato, per la semplice ragione che oltre un terzo dei seggi è assegnato con metodo maggioritario. È difficile valutare a priori quanto la componente maggioritaria incida sulla disproporzionalità dell’esito. Questo aspetto si comprenderà forse meglio quando illustreremo un esempio tratto dai sondaggi.

 
 
 
La scelta dei candidati demandata ai partiti

Questo punto sembrerebbe quasi tautologico e intrinseco a qualunque sistema elettorale in una democrazia: a confrontarsi sono sempre dei partiti e sono i partiti a proporre i candidati, sia in un sistema proporzionale che in uno maggioritario. Il punto, tuttavia, è diverso.

  • Per la quota proporzionale, come abbiamo già osservato, i partiti predispongono una scelta di candidati e l’elettore non ha alcuna possibilità di esprimere una propria preferenza. La lista e l’ordine sono stabiliti dalle segreterie dei partiti; l’elettore, nella scheda elettorale, non fa che scegliere il partito; coloro che nella lista si trovano nelle posizioni più alte avranno un maggiore probabilità di essere eletti e tutto questo è prerogativa dei ceti dirigenti dei partiti che compilano la lista; quindi, l’elettore non ha di fatto alcun modo di scegliere i propri rappresentanti per la quota proporzionale.
  • Per la quota maggioritaria, il nome del candidato appare come l’elemento prevalente. Il candidato è scelto dai partiti della coalizione che lo sostiene ovviamente, ma, apparentemente, l’elettore può scegliere il candidato che preferisce. In effetti, sarebbe così … se, tuttavia, non accadesse che, scegliendo il candidato, l’elettore attribuisce non solo il seggio per la quota maggioritaria, ma contribuisce anche ai seggi della quota proporzionale, non sui candidati, ma sui partiti che lo sostengono. La scelta dell’elettore, pertanto, non sarà guidata dal nome del candidato uninominale, ma dai partiti a cui sarà assegnata la quota proporzionale. Quindi, il processo di voto, di fatto, è esattamente quello contrario rispetto a quello che è lo spirito del maggioritario: invece di scegliere il candidato, e di conseguenza i partiti che lo sostengono, l’elettore sceglierà il partito e di conseguenza il candidato indicato.

 
 
 
La natura contorta del meccanismo di voto

Il meccanismo, in sostanza, è talmente sconsiderato, che, anche nella componente maggioritaria, il voto sarà orientato dalla preferenza partitica e non del candidato. Cosicché, anche la votazione con il sistema maggioritario è dominata da quella sclerotizzazione in fazioni, o, peggio, in tifoserie, che caratterizza l’elettorato italiano, divisione fomentata all’inverosimile dagli stessi partiti e dagli organi d’informazione. Il risultato è che lo spirito del sistema maggioritario viene completamente distorto e, in questo modo, si aggrava il fenomeno della disproporzionalità: in un sistema maggioritario basato su un confronto tra candidati, la disproporzionalità viene mitigata dalla competizione tra candidati, che sono il vero fulcro della scelta; in un sistema maggioritario applicato in una competizione tra tifoserie, invece, la disproporzionalità viene intensificata all’inverosimile.

… e in effetti, proprio in questo consiste il raccapricciante spettacolo della campagna elettorale a cui stiamo assistendo …

 
 
 
La governabilità

L’impatto sulla governabilità può essere considerato piuttosto controverso. L’esito delle elezioni del 2018, tuttavia, sembrerebbe confermarlo. L’aspetto più critico rispetto alla governabilità è che la legge elettorale Rosatellum non confronta partiti, ma coalizioni che aggregano più partiti prima delle elezioni. Per poter conquistare più seggi uninominali degli avversari, i partiti tendono a creare coalizioni le più ampie possibile: ma più esse sono ampie, più sono eterogenee; quindi, ammesso che una coalizione riesca effettivamente a ottenere la maggioranza in entrambe le camere, in ogni caso la coalizione rischia di essere fragile a causa dei battibecchi tra gli esponenti dei partiti che la compongono; così, la coalizione rischia di sfasciarsi un minuto dopo le elezioni, a discapito della governabilità.

D’altra parte, rimane un indizio molto significativo: la legge era stata concepita, nel 2017, per impedire al Movimento 5 Stelle di governare. Lo scopo esplicito della legge era proprio quello di ottenere un Parlamento ingovernabile … e in effetti ci riuscì.

 


 
6. Che cosa ci prospettano i sondaggi

Come osservò il prof. D’Alimonte in un articolo apparso sul Sole 24 Ore il 17 marzo 2018, all’indomani delle ultime elezioni, la disproporzionalità generata dai collegi uninominali è stata complessivamente limitata perché la distorsione a favore del centro-destra nei collegi uninominali del Nord è stata “compensata” dalla distorsione a favore del M5S nei collegi del Sud. Ma non è detto che vada sempre così.

Raramente sono state scritte parole tanto profetiche. A quelle elezioni, i collegi uninominali erano andati prevalentemente al centro-destra al nord, al centro-sinistra al centro e al Movimento 5 Stelle al sud. Cosicché, si ottenne un Parlamento diviso in tre e per fare i governi si dovettero, sin dal giorno successivo alle elezioni, sfasciare le coalizioni che si erano presentate agli elettori. Era proprio lo scopo che si era prefissato il Rosatellum.

Come aveva profeticamente previsto il prof. D’Alimonte, però, quella non era una condizione eterna. E infatti già oggi è estremamente diversa. Ora i collegi del sud hanno parzialmente abbandonato il Movimento 5 Stelle e sono prevalentemente orientati verso la coalizione di destra e la disproporzionalità emerge in tutta la sua gloria. Ovviamente, in questo momento nessuno ha la palla di vetro. Ci baseremo, pertanto, su quanto emerge da alcuni sondaggi che sono stati diffusi alla fine di agosto. Li useremo non tanto per prevedere l’esito delle elezioni, ma per illustrare come funziona la legge elettorale Rosatellum.

 
 
 
Distribuzione dei seggi secondo i sondaggi: la disproporzionalità

Per l’analisi dei dati dei sondaggi ci affideremo a due fonti:

  • Per la quota proporzionale, ci baseremo sulla media dei sondaggi pubblicata da Termometro Politico[1] nella settimana tra il 21 e il 27 agosto.
  • Per la stima dei collegi maggioritari, ci baseremo sulla simulazione dell’attribuzione dei seggi alla Camera di Sondaggi BiDi Media, pubblicata il 28 agosto scorso[2].

Nel GRAFICO 1 che segue confrontiamo la distribuzione proporzionale del voto secondo Termometro Politico e l’assegnazione finale dei seggi alla Camera dei Deputati secondo BiDi Media.

GRAFICO 1: Confronto tra la percentuale di voti alle coalizioni previsti dal sondaggio e i seggi attribuiti alla Camera previsti dal sondaggio secondo la legge elettorale Rosatellum (Fonte: L’Irriverente su dati Termometro Politico)

 

La distorsione tra l’attribuzione dei seggi e la distribuzione dei voti è piuttosto evidente: la coalizione di destra erode seggi a tutti gli altri, tanto che, pur avendo meno della metà dei voti, ottiene quasi i due terzi dei seggi. Come si può notare, chi ne soffre di più sono i piccoli partiti non coalizzati, che Termometro Politico sintetizza sotto la voce Altri, i quali non ottengono neppure un seggio, ma che totalizzano pur sempre quasi il 10% dei voti: cioè, c’è un 10% di elettorato che, pur esprimendosi, non otterrebbe rappresentanza parlamentare alla Camera.

 
 
 
L’impatto della componente maggioritaria

Se soffermiamo l’attenzione sui risultati dei collegi maggioritari, il risultato della simulazione di BiDi Media è sbalorditivo ed è illustrato nella seguente GRAFICO 2.

GRAFICO 2 – La distribuzione dei seggi uninominali secondo la simulazione di BiDi (Fonte: L’Irriverente su dati BiDi)

Il grafico ci sembra mostrare limpidamente quanto profetiche fossero state le parole del professor D’Alimonte. Anzitutto i seggi di questi collegi andrebbero solo alle coalizioni di destra e di sinistra; nulla al Movimento 5 Stelle e nulla ad Azione/Italia Viva; Solo la Südtiroler Volkspartei riuscirebbe a conquistare due seggi in Alto Adige. Peraltro, la destra conquisterebbe tutti i seggi del sud e delle isole, a nord ovest lascerebbe alla sinistra un solo seggio, ma anche a nord est e nel centro lascerebbe alla sinistra solo briciole. In sostanza la destra conquisterebbe il 92% dei seggi assegnati con sistema maggioritario, lasciando alla sinistra solo il 6%.

 
 
 
Ma la componente maggioritaria è davvero distorsiva?

Una distorsione assoluta? Rispetto alla distribuzione partitica nazionale degli orientamenti dell’elettorato, ovviamente sì. Tuttavia, per altri aspetti lo è fino a un certo punto.

  • In ben 46 collegi (pari a quasi un terzo del totale) la coalizione che ha conquistato il seggio ha oltre il 50% dei consensi. Si tratta dei due seggi vinti dalla Südtiroler e di 44 vinti dalla destra. In questi casi, dunque, l’assegnazione del seggio rispecchia un orientamento molto forte dell’elettorato del collegio.
  • Nei 135 collegi vinti dalla destra, il distacco dalla sinistra è mediamente di quasi 20 punti percentuali, con punte addirittura di 42 punti. Ben 108 casi su 135 hanno un distacco superiore a 10 punti percentuali. Nel caso dei 9 seggi vinti dalla sinistra, invece, il distacco medio è di soli 5 punti percentuali; quindi, molto risicato e raggiunge al massimo 15 punti percentuali.

 
 
 
Che cosa rappresenta la componente maggioritaria

In conclusione, il maggioritario rispecchia, comunque, una situazione reale del paese: cioè il fatto che nei collegi la preferenza per la coalizione di destra tende a essere molto più diffusa e consistente rispetto a quella per la sinistra.

Se anziché per macro-aree l’analisi viene effettuata per regioni, il risultato non cambia. Anche in regioni definite tipicamente rosse, cioè di sinistra, la simulazione di BiDi Media prevede una prevalenza di seggi per la coalizione di destra. Emblematici sono i casi della Toscana, in cui solo 3 seggi su 9 sarebbero assegnati alla sinistra, e dell’Emilia Romagna, dove solo 4 seggi su 11 sarebbero conquistati dalla coalizione di sinistra. L’esito simulato, dunque, rispecchierebbe comunque un quasi sistematico orientamento territoriale.

 
 
 
La questione della governabilità

La simulazione di BiDi Media attribuisce alla coalizione di destra una tale maggioranza, da far ritenere che la coalizione assumerà con solidità le redini del governo. In teoria, è possibile e verosimile (anche se, in verità, si tratta solo di una simulazione basata su sondaggi, che registrano le intenzioni di voto, spesso assai diverse dal voto espresso alla fine; per non parlare dell’imprevedibile impatto dell’oltre 40% di indecisi che sembrano emergere in tutte le indagini demoscopiche). Tuttavia, la simulazione non si spinge fino a misurare la distribuzione dei seggi dei singoli partiti. E qui sta il punto. Quanto più la rappresentanza parlamentare sarà frammentata tra una risma di partiti, quanto più la coalizione sarà fragile. E ancor più sarà fragile, quanto più ogni componente sarà determinante per la tenuta del governo. Tuttavia, sulla base dei dati disponibili non è possibile trarre conclusioni a questo riguardo. Una certa tendenza al battibecco e all’atteggiamento da galli in un pollaio, tuttavia, oltre a essere uno spettacolo patetico, è già piuttosto evidente, in tutte le coalizioni. Il che apre scenari foschi sulla tenuta dei governi che potrebbero essere sostenuti dal Parlamento che uscirà dalle elezioni.

 


 
7. Conclusioni

In questo momento, sparare sulla legge elettorale Rostellum è come sparare sulla Croce Rossa. Sembra che tutti l’abbiano scelta come proprio bersaglio ideale. Anche i molti che questa legge hanno proposto o elaborato o votato in Parlamento nel 2017. E d’altra parte, proprio quelli che oggi si lamentano della legge elettorale Rosatellum hanno avuto quasi un’intera legislatura per cambiarla. Ma, di fatto, non hanno mosso un dito. E oggi stanno lì come cucù davanti l treno che se ne va.

 
 
 
Qualche indicazione pratica per l’elettore

Esercitare il diritto di voto con una legge siffatta è tutt’altro che semplice. Non lo è per quella tendenza a sclerotizzarsi in tifoserie dell’elettorato italiano; e per quel miscuglio che la legge contiene tra scelta del candidato maggioritario uninominale (cioè fondato sul nome di un singolo candidato) e attribuzione di seggi proporzionali.

Alla fine, la scelta è tutta lì: si ritiene che sia più importante l’appartenenza partitica e dunque la distribuzione dei voti della quota proporzionale (pari al 61% dei seggi), o la scelta del candidato della componente maggioritaria, indipendentemente dai partiti che lo sostengono? Se si opta per la prima opzione, è evidente che la scelta più importante sulla scheda è quella del partito, ma si dovrà accettare che il proprio voto sostenga un candidato per quota maggioritaria che magari non si apprezza: chi così pensa dovrebbe porre la propria croce sul simbolo del partito in cui più si riconosce. Se si opta per la seconda, la scelta più importante sarà quella del nome del candidato, ma si dovrà accettare l’effetto a cascata sui partiti della coalizione per la quota proporzionale: in questo caso, si dovrebbe porre la propria croce sul nome del candidato.

 
 
 
Una lezione per il futuro

Vorremmo sperare che almeno la vicenda di queste elezioni insegni qualcosa al ceto politico che occuperà gli scranni del Parlamento dopo il 25 settembre. Anzitutto, le leggi elettorali non si fanno contro qualcuno a ridosso delle elezioni: si fanno a inizio legislatura, coinvolgendo tutto il Parlamento e cercando un consenso il più ampio possibile tra i rappresentanti politici, perché la legge elettorale stabilisce le regole del gioco per tutti e non per una tifoseria contro l’altra. E sarebbe opportuno che la legge si fondasse su una visione generale e lungimirante del Parlamento che si vuole che essa produca, indipendentemente dal consenso dei partiti e di quali partiti, in coerenza con l’assetto costituzionale che è a fondamento delle nostre istituzioni.

Ma tutto questo sarebbe molto più facile se si uscisse da quella sclerotizzazione tra fazioni e tifosi, che da troppi decenni ammorba il panorama politico italiano e il sistema dell’informazione. Chiediamo troppo?

 

 

Grafici realizzati in Tableau Public
© 2022 L’Irriverente

 

[1] Si vedano i risultati su www.termometropolitico.it.

[2] I dati sono consultabili al link https://sondaggibidimedia.com/chi-vincera-la-camera-dei-deputati/. Dalla simulazione sono stati esclusi i risultati del collegio della Valle d’Aosta e degli italiani all’estero.

 

 

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