Parlare di carcere in Italia è un tabù. È uno dei più limpidi esempi dello stato aberrante dell’informazione in Italia. Democrazia, diceva Einaudi, è conoscere per deliberare. Ebbene, la conoscenza sullo stato delle carceri, in Italia, è inqualificabile. Anzitutto perché il messaggio prevalente che viene comunicato è: nelle carceri ci sono putridi criminali, che marciscano! Eppure, la nostra Costituzione, che tanto viene osannata a parole, afferma esplicitamente quale sia lo scopo della pena: non punire il delinquente, ma rieducarlo. In questo, come per molte sue disposizioni, la Costituzione rimane ignorata e, all’occorrenza, denigrata.
Invece, di carcere sarebbe opportuno parlare. Non, però, per rinchiudervi la gente e gettare la chiave. Ma per capire che cosa sia davvero. Chi ci vive. Chi vi viene rinchiuso. Perché. Quali sono le sue condizioni. Quali le prospettive di rieducazione.
Il rapporto di Antigone
Una delle organizzazioni che si occupano di carcere nello spirito della Costituzione è Antigone, un’organizzazione doppiamente meritoria. Perché si occupa di un tema tabù. E perché lo fa esattamente per aiutare chi vi è rinchiuso a rieducarsi. Diceva un tizio in terra di Palestina, 2000 anni fa: “Vai, e non peccare più.” Ecco, Antigone si occupa di quella roba lì.
Ora, l’associazione ha pubblicato il 19° rapporto sulla condizione delle carceri in Italia[1]. Ne esce un quadro impietoso: ambienti sovraffollati, spazi ristretti, mancanza di acqua calda. E una popolazione che spesso è tutto da dimostrare che sia un’accolita di delinquenti. Ne proponiamo qui una sintesi. Sperando di indurre qualcuno a consultare il documento originale. E magari, anche sostenere l’associazione.
Data la vastità del tema, dedicheremo al rapporto più di un articolo. Qui affronteremo i numeri più generali, riservandoci nei prossimi giorni di affrontare temi più specifici.
Il sovraffollamento delle carceri
Al 30 aprile 2023 la capienza ufficiale delle carceri era di 51.249, ma i detenuti erano 56.674, cioè il 10% in più. Però, per legge, la capienza costituisce il numero massimo di persone che possono essere detenute. Quindi, si comincia già da un paradosso: lo Stato pretende di applicare la legge a chi considera delinquente, violando esso stesso le leggi che si è dato. Chi sbattiamo in carcere per questo?
Un dato è particolarmente significativo: nel corso dell’ultimo anno la capienza ufficiale delle carceri è cresciuta dello 0,8%, a fronte di una popolazione carceraria (già sovraffollata) aumentata del 3,8%. Cioè, in un sistema carcerario sovraffollato, si sono creati nuovi spazi in quantità inferiore rispetto al flusso di nuovi detenuti. Dimodoché il sovraffollamento si è accresciuto. Una patologia cronica in aggravamento, che le istituzioni preposte non si preoccupano minimamente di curare.
Il sovraffollamento è particolarmente grave in Lombardia, dove supera il 50% della capienza regolamentare, ma è molto grave anche in Puglia dove sfiora la stessa soglia. Le carceri dove la situazione è più preoccupante sono quelle di Tolmezzo (+90%, quasi il doppio della capienza), San Vittore a Milano (+85,4%), Varese (+79,2%) e Bergamo (+78,8%).
L’8 gennaio 2013, in una famosa sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, la cosiddetta sentenza Torreggiani, lo Stato Italiano fu condannato per il trattamento inumano e degradante delle carceri. Sono passati 10 anni. Ma di progressi se ne vedono davvero pochi.
Le caratteristiche della popolazione carceraria
Dal punto di vista delle pene, sono in aumento le persone con una condanna fino a un anno (costituiscono il 3,7% della popolazione carceraria con condanna definitiva), così come coloro con una condanna fino a tre anni (20,3%). I reclusi per reati gravi, cioè con una condanna superiore a 20 anni, sono solo il 6,6% dei detenuti con condanna definitiva, mentre gli ergastolani sono addirittura il 4,6%.
In prevalenza i detenuti hanno subito una condanna compresa tra 3 e 5 anni. Il 18% di queste persone, tuttavia, ha un residuo di pena inferiore a un anno, mentre oltre la metà, il 51,5%, hanno ancora meno di 3 anni da scontare: sono tutti casi in cui sarebbe possibile applicare forme di pena alternative al carcere e in cui, a maggior ragione, come recita lo stesso rapporto, “sono urgenti sforzi significativi perché il ritorno in libertà sia un successo, per loro e per chi li dovrà accogliere. Ma sappiamo bene, in particolare a causa della carenza di educatori negli istituti, come entrambi questi scenari siano tutti in salita.”
Reati commessi e condanne
I reati prevalenti per i quali le persone sono in carcere sono contro il patrimonio (furti o truffe) e contro la persona (omicidi e atti di aggressione); ma moltissimi sono anche i detenuti in applicazione della legge sulla droga. Si tratta, in prevalenza, di piccoli spacciatori e consumatori, che affollano le nostre carceri, senza che si abbia alcuna diminuzione della commercializzazione e della diffusione delle sostanze stupefacenti. A che serve, vien da chiedersi, un simile modo di contrastare il mercato illegale delle droghe, se il risultato è solo quello di affollare le carceri, senza minimamente intaccare l’arricchimento delle organizzazioni criminali? Una legge che non criminalizzasse il consumo di droghe e che riducesse l’impatto sul sistema penale del piccolo spaccio, ridurrebbe, già da solo, la popolazione carceraria di circa un terzo.
I detenuti con condanna definitiva sono il 73,4%, cioè quasi i tre quarti della popolazione detenuta. Significa che circa un quarto non l’ha ancora avuta: stiamo parlando di circa 15.000 persone, attualmente in carcere senza che il processo ne abbia accertato la colpevolezza. Secondo Costituzione, sono innocenti. Addirittura, quasi 8.000 persone, il 13,9% della popolazione carceraria, alla fine del 2022 erano ancora in attesa del primo giudizio: in questo caso si può parlare apertamente di persone in galera senza processo, quella che, in forma edulcorata, viene definita carcerazione preventiva. È un numero terribile, anche perché, stando alle statistiche, circa la metà (pari a 4.000 persone) verranno riconosciute innocenti: 4.000 innocenti rinchiusi in galera senza processo. Un dato, tuttavia, è confortante: dal 2008, cioè negli ultimi 15 anni, almeno in termini percentuali, il numero di detenuti in attesa di condanna definitiva va diminuendo.
Le condizioni di vita in carcere
Ma come vivono queste persone? I dati che seguono derivano dalle ispezioni compiute da Antigone in un campione di 97 carceri (oltre la metà delle carceri italiane).
Il quadro è, ancora una volta, desolante:
- Il 20% delle carceri visitate è stato costruito nella prima metà del Novecento; un altro 20% risale addirittura all’Ottocento … stiamo parlando del 40% degli istituti penitenziari visitati! Ben 3.646 posti detentivi, all’atto dell’ispezione, non erano agibili: si tratta di oltre il 7% dei posti disponibili.
- Nel 35% degli istituti visitati alcune celle, in violazione della legge, hanno meno di 3 metri quadri calpestabili per detenuto.
- Nel 12,4% degli istituti, le celle hanno il sistema di riscaldamento non funzionante.
- Nel 45,4% degli istituti, le celle sono prive di acqua calda.
- Nel 56,7% degli istituti, le celle sono prive di doccia.
Per quanto riguarda gli spazi comuni, nel 30% degli istituti visitati non ci sono spazi per attività di lavoro, e nel 3% neppure per attività scolastica. Nel 25,8% degli istituti visitati, addirittura, non c’è neanche un’area verde, spesso manca una palestra, figurarsi un campo sportivo …
Conclusioni
Le carceri italiane sono spaventosamente sovraffollate. In aperta violazione della legge. Degli oltre 56.000 detenuti, oltre la metà si trova in carcerazione preventiva (cioè, è in galera senza processo), oppure ha un residuo di pena inferiore a 3 anni. Soprattutto queste ultime sono persone che, per legge, potrebbero scontare il residuo fuori dal carcere, in modo da preparare le condizioni per il loro rientro nella società.
Le condizioni di vita in carcere sono in molti casi semplicemente aberranti. Non a caso l’Italia continua a subire condanne dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo per la loro sistematica violazione. E ogni anno in Italia si accolgono 4.000 ricorsi per il trattamento inumano e degradante che in esse si subisce.
Si confronti a questo punto il dato dei 56.000 detenuti con quello dei circa 100.000 cosiddetti liberi sospesi. Un numero quasi doppio. Sono persone che hanno subìto una condanna definitiva, ma che attendono, talvolta per mesi, talvolta per anni, che un giudice decida dove dovranno scontare la pena …
E volete ancora credere a quegli squallidi cialtroni che si gonfiano con prosopopea del principio della certezza della pena? O della giustizia uguale per tutti? … ma mi faccia il piacere!!!!!!! E viene in mente quella gigantesca battuta di Alberto Sordi nel film Detenuto in attesa di giudizio (1971): ma com’è possibile che potete fare quello che fate?
© L’Irriverente, 2023
[1] Antigone, sul suo sito (www.antigone.it) offre un’introduzione generale al rapporto (https://www.antigone.it/news/antigone-news/3481-carceri-rapporto-antigone-sovraffollamento-suicidi-violenze-un-2022-da-dimenticare) e consente di consultare gratuitamente il rapporto online (https://www.rapportoantigone.it/diciannovesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/).
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