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Elezioni in Bulgaria: tante inquietudini e una lezione per l’Italia

Le elezioni in Bulgaria ci riguardano più di quanto possa sembrare: hanno molto da insegnarci sulla legge elettorale e sul tema dell’astensione; riguardano un paese in bilico tra revanscismi filo-russi e tentazioni golpiste. Ma la Bulgaria fa parte dell’Unione Europea e della NATO. Non è un dettaglio marginale.

Lo scorso weekend è stato molto intenso da un punto di vista democratico. Si è votato in Brasile, dove ci si attendeva una grande vittoria del socialista Lula e invece si andrà al ballottaggio. Si è votato in Bosnia Erzegovina, dove hanno prevalentemente vinto partiti moderati, tranne nella regione serba dove prevalgono ancora nazionalisti filo-russi. Si è votato in Lettonia, dove ha prevalso un partito conservatore fedele alla NATO e all’Unione Europea. Poi ci sono state le elezioni in Bulgaria, dove il risultato del voto è molto più controverso, ma sui nostri giornali e nelle nostre televisioni non se ne è parlato quasi per nulla. Tuttavia, la Bulgaria è un paese aderente sia alla NATO, sia all’Unione Europea. Ciò che accade in quel Paese ci riguarda molto più da vicino di quanto possa sembrare.

In quel Paese, stanno sempre più prendendo il potere forze filo-russe che potrebbero dare molto filo da torcere a entrambe, NATO e Unione Europea. Qualche segnale già si coglie. La Bulgaria rischia di diventare una di quelle palle che rimbalzano e, lasciate rimbalzare, finiscono per spanteganarsici in faccia … e farebbe abbastanza male …

 


INDICE
  1. Come si è arrivati alle ultime elezioni
  2. Il contesto attuale
  3. Il risultato delle elezioni
  4. Conclusioni

 


 
1. Come si è arrivati alle ultime elezioni

La Bulgaria è andata alle elezioni per la quarta volta in meno di 2 anni: la prima volta ad aprile del 2021, poi a luglio (sempre del 2021), poi ancora a novembre e infine adesso, a ottobre del 2022.

 
 
 
Le elezioni di aprile del 2021

Ad aprile le elezioni si erano tenute per la scadenza della legislatura. Al governo c’era Bojko Borisov, al terzo mandato con una coalizione di centrodestra. Il governo aveva resistito alle pressioni dell’opinione pubblica per oltre un anno, quando una serie di indagini della magistratura avevano fatto emergere un livello di corruzione molto simile a quello di Tangentopoli. Il 9 luglio 2020 erano iniziate manifestazioni popolari, migliaia di persone riversatesi davanti al Palazzo della Presidenza della Repubblica e alle Camere Parlamentari. Il Governo di Borisov non aveva avvertito minimamente l’esigenza di dimettersi. Anzi, alcuni suoi esponenti avevano bollato i manifestanti come feccia, scimmie, gregge, branco da rimettere al proprio posto. Lui, Borisov, nel tentativo di attrarre la benevolenza dell’opinione pubblica e sviarne l’attenzione, aveva cominciato a opporsi all’adesione della Macedonia del Nord all’Unione Europea, sollevando argomentazioni meramente polemiche. Aveva così posto un veto, dal momento che la decisione doveva essere presa all’unanimità da tutti i Paesi Membri. Tuttavia, le proteste proseguirono, ininterrottamente, quasi quotidianamente, per oltre 9 mesi, fino al 16 aprile 2021, quando la legislatura terminò e si tennero le elezioni.

Il sistema elettorale in Bulgaria è rigorosamente proporzionale, con una soglia di sbarramento al 4%. Il risultato, come tipico di tutti i sistemi proporzionali, fu che alle elezioni si presentarono ben 67 formazioni politiche suddivise in 30 coalizioni. Le due coalizioni, che ottennero più voti, raccolsero sì e no il 40% dei suffragi. Il restante 60% si sbriciolò tra una miriade di piccole e piccolissime coalizioni. Come conseguenza non fu possibile formare un governo. A quel punto, Borisov dovette dimettersi. Il Presidente della Repubblica, secondo Costituzione, nominò un proprio governo, che, in assenza di un Parlamento eletto, rispondeva al solo Presidente, senza fiducia Parlamentare. Intanto, vennero indette nuove elezioni per luglio.

 
 
 
Le elezioni di luglio e novembre 2021

Le elezioni di luglio furono, ovviamente, la fotocopia delle precedenti e, ancora una volta, non fu possibile formare un governo. Perciò, si rifecero le elezioni. Questa volta a novembre, riunendo, per la prima volta nella storia della Bulgaria, le elezioni parlamentari con quelle presidenziali. Mentre il Presidente fu confermato, nelle elezioni parlamentari, per la prima volta, il partito di Borisov (GERB, un acronimo che, tradotto, significa Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria), non prese la maggioranza relativa dei voti. Il partito che vinse, con solo il 25% dei voti, però, fu il PP (acronimo che può essere tradotto come Continuiamo il Cambiamento) guidato da un giovane quarantenne, Kiril Petkov, con un curriculum di tutto rispetto: laurea in Economia a Vancouver, in Canada; un MBA a Harvard, dove si è classificato nel primo 10% della sua classe; da giugno, Ministro dell’Economia nel governo ad interim nominato dal Presidente. In qualità di Ministro, aveva denunciato pubblicamente in televisione la Banca Bulgara per lo Sviluppo, che, sotto il governo Borisov, aveva distribuito prestiti per 500 milioni di euro a solo 8 società appartenenti a 4 uomini d’affari. La cosa non gli era stata perdonata: il 27 ottobre 2021, la Corte Costituzionale Bulgara gli aveva retroattivamente annullato il decreto di nomina a Ministro dell’Economia a causa della sua doppia nazionalità, bulgara e canadese: secondo il dispositivo della Corte, la Costituzione prevede che un Ministro debba essere solo cittadino bulgaro!

Ciò non impedì che a novembre, un mese dopo la sentenza, il Presidente, in seguito alle elezioni, gli affidasse l’incarico di formare un governo e divenire Primo Ministro. Kiril Petkov fu insediato Primo Ministro il 13 dicembre 2021.

 
 
 
Il Governo di Kiril Petkov

Il Governo Petkov è durato 7 mesi. Aveva dovuto mettere insieme una coalizione raffazzonata, come al solito. Ma in quel breve tempo ne erano successe di cose. E ne aveva fatte. Aveva messo un po’ d’ordine alla corruzione. Aveva cominciato ad aggiustare i conti dello Stato. Aveva risolto il contenzioso con la Macedonia del Nord. Poi, dopo due mesi dall’insediamento, era scoppiata la guerra di aggressione dell’Ucraina. Il Governo Petkov si pose immediatamente dalla parte dell’Ucraina, punto d’appoggio molto importante per la NATO. Petkov rimandò a casa 50 funzionari russi che non si capiva a che titolo gironzolassero per il Paese.

L’atteggiamento del governo nei confronti della Russia comportò una serie di problemi. Anzitutto, la Bulgaria dipende enormemente dalla Russia per l’approvvigionamento di carburanti. Quindi si pose il problema di trovare nuovi fonti per il carburante. Furono trovate, ma a prezzi più alti rispetto a quelli russi. E il rialzo dei prezzi, naturalmente, non favorì l’immagine di Petkov.

Poi c’era il problema del gas, utilizzato soprattutto a livello industriale, ma fondamentale. Petkov prese contatto con la Grecia per creare dei sistemi di approvvigionamento dal Mar Egeo, che consentissero alla Bulgaria di accedere al gas liquefatto americano, affrancandosi così da quello russo. Anche in questo caso, l’alternativa era economicamente più cara e dunque, anche rispetto all’industria, l’immagine di Petkov si appannò.

Infine, c’era un problema più strutturale. Ai tempi dell’Unione Sovietica, la Bulgaria era stata uno dei Paesi più fedeli alla Cortina di Ferro. Nonostante siano passati più di trent’anni dalla sua caduta, la Bulgaria è stracolma di persone che ricoprono incarichi di altissimo livello e che hanno ancora fortissime simpatie per la Russia di Putin. Se non, addirittura, legami molto più stretti. A queste persone, la politica di Petkov, certo, non poteva essere piaciuta. Affatto.


 
2. Il contesto attuale

Sia come sia, a luglio il Governo Petkov andò in crisi. Un partito della sua maggioranza, dichiarandosi contrario alla pacificazione sulla questione della Macedonia del Nord, ritirò la fiducia al Governo. E la maggioranza non c’era più. I tentativi di creare un governo alternativo fallirono tutti. Il Parlamento, tanto per cambiare, era troppo frammentato per trovare una maggioranza coesa. Così, il Presidente dichiarò nuovamente sciolto il Parlamento e indisse nuove elezioni per il 2 ottobre. Cioè, la settimana scorsa.

Siamo così all’oggi e ai risultati delle elezioni. Ma manca un tassello per ben comprendere il contesto: capire meglio chi è il Presidente della Repubblica.

 
 
 
Il Presidente della Repubblica

Rumen Radev, così si chiama il Presidente della Bulgaria, non è esattamente il primo putto che passa. Classe 1963, si è arruolato nell’Aeronautica Militare Bulgara come pilota di caccia nel 1982, a 19 anni. Siamo ancora in pieno regime comunista. È il miglior laureato del 1987 nell’Università dell’Aeronautica Bulgara, a 24 anni. Siamo ancora in pieno regime comunista. Caduto il regime, nel 1992 si diploma presso la US Air Force Squadron Officer School, una scuola militare internazionale, in Alabama, negli Stati Uniti, che tiene un corso specialistico di alcune settimane. Quindi frequenta per tre anni la più prestigiosa alta scuola militare della Bulgaria, il Rakovski Defence and Staff College. Ha conseguito un dottorato in materie militari, una laurea presso l’Air War College degli Stati Uniti e un Master in Strategic Studies conseguito con lode, sempre negli Stati Uniti. Nel 2014 diviene Comandante dell’Aeronautica Militare Bulgara.

Poi, punta alla Presidenza della Repubblica.

In Bulgaria, il Presidente della Repubblica ha un ruolo rappresentativo e di garante, molto simile a quello della Repubblica Italiana. Tuttavia, la sua carica non viene nominata dal Parlamento, come in Italia. In Bulgaria è una carica elettiva: è, cioè, eletta a suffragio universale. Per questa ragione, in Bulgaria ci sono sia elezioni parlamentari che presidenziali.

 
 
 
Le due elezioni di Radev

Nel 2016, quando Borisov è all’apice della sua carriera politica, Radev si presenta alle elezioni presidenziali con il sostegno degli avversari di Borisov. E vince proprio contro il candidato di Borisov, arrivando primo al primo turno con il 25% dei voti e poi vincendo il ballottaggio al 60%. Nel 2021 si ricandida. Questa volta, lo abbiamo già visto, le elezioni presidenziali coincidono con quelle politiche di novembre. Radev è sostenuto ancora una volta dai partiti che si oppongono a Borisov, tra i quali c’è Continuiamo il Cambiamento di Petkov. Radev ottiene il 49% dei voti; è costretto ad andare al ballottaggio, contro il candidato di Borisov. E questa volta ottiene il 66% dei voti. La sua presidenza gode di un consenso popolare indiscusso e indiscutibile.

È lui ad attribuire l’incarico di formare un governo a Petkov. Ed è lui che scioglie il Parlamento alla sua caduta. Radev nomina quale Primo Ministro ad interim Galab Donev. Classe 1967, Donev ha una carriera singolare: laureato in lingua russa, ha poi frequentato il Rakovski Defence and Staff College (frequentato anche da Radev, anche se 4 anni prima). Poi ha continuato a rimbalzare come funzionario tra il Ministero del Lavoro e quello della Difesa o lavorando in specifiche agenzie del Ministero della Difesa. Prima di essere nominato Primo Ministro è entrato nello staff del Presidente della Repubblica, nel 2017, come Segretario delle Politiche Sociali e Sanitarie. Radev, dunque, ha scelto come Primo Ministro ad interim un uomo con forti legami con l’esercito e di sua fiducia, che a lui e lui solo risponde.

 
 
 
Il governo Donev

In attesa delle elezioni, il nuovo governo ha iniziato a disfare buona parte di ciò che il governo Petkov aveva costruito. Per prima cosa si è messo di traverso sulla questione del gas dalla Grecia e ha cercato di ripristinare i rapporti con la Russia. Poi ha cominciato a promuovere una campagna d’informazione contro la gestione Petkov, per farla apparire fallimentare e disastrosa per i conti dello Stato. Infine, quando ne ha avuto la possibilità, ha cercato di insediare uomini di sua fiducia, cioè di fiducia del Presidente a cui riferisce, in posizioni chiave dell’organizzazione dello Stato.

Considerato il contesto geopolitico internazionale, quanto è accaduto in Bulgaria prima delle elezioni è particolarmente allarmante. Il 2 luglio, poco dopo la caduta del governo, Lena Borislavova, che dirige lo staff di Petkov, ha denunciato alla stampa l’esistenza di rapporti d’intelligence, secondo i quali la Russia ha assoldato politici, opinionisti, commentatori politici, accademici, ufficiali governativi; tutte persone stipendiate dal governo russo. In effetti, la campagna informativa nei social e sulla stampa a favore del Cremlino in Bulgaria è pressante. Nessuno è in grado di dire se il Presidente Radev faccia parte di quella cerchia assoldata dalla Russia; né se lo sia Donev o lo siano ministri del suo Governo. Certo è che l’orientamento politico del Governo (guidato da un uomo vicino agli ambienti militari), con l’avallo del Presidente (ex Comandante di Aeronautica), è inequivocabile. E preoccupante.


 
3. Il risultato delle elezioni

È in questo clima che si sono tenute le elezioni. Facciamo un quadro sui suoi risultati: il tasso di affluenza, l’esito del voto, la distribuzione dei seggi.

 
 
 
Il tracollo dell’affluenza

Eh, sono passati i bei tempi del Socialismo, quando c’era da scegliere un solo partito e l’affluenza alle urne era del 99,98%!!!!!!!! Bei tempi quelli!!!!!!!!! Caduto il Socialismo, la Democrazia si è sbriciolata, l’affezione per la politica è vaporata e l’affluenza alle urne è andata calando, anno dopo anno …

Naturalmente i dati sull’affluenza ai tempi del Socialismo avevano l’affidabilità di una scorreggia in ascensore. Ma i primi anni, dopo la caduta del regime, avevano conosciuto dei tassi di partecipazione democratica davvero invidiabili. Alle prime elezioni, quelle del 10 giugno 1990, il tasso di affluenza era stato davvero superiore al 90%. Ma poi, gradualmente, l’entusiasmo è scemato e più sono passati gli anni, più il tasso di affluenza si è assottigliato. La prima volta che è sceso, appena appena, sotto il 50% era il 2014. Nelle tre elezioni del 2021 è stato sistematicamente sotto il 50%. Alle elezioni dello scorso weekend si è raggiunta quota 39%, addirittura in lieve risalita rispetto a novembre, quando si era toccato il fondo del 38%.

Il GRAFICO 1 è piuttosto eloquente. Presenta una curva discendente che si arriccia sul finale. È un grafico che parla di un popolo sprofondato nell’amarezza e nella disillusione. Convinto che nulla più possa cambiare. Che non serve far cadere un regime oppressivo e sanguinario. Che non serve il proprio voto. Che non serve riempire le piazze per un anno. Perché, alla fine, è il ladrocinio che comanda. E dietro la Democrazia si nasconde la Cleptocrazia di un manipolo di arruffa-popolo.

Il tracollo dell'affluenza alle elezioni in Bulgaria
GRAFICO 1: Affluenza alle elezioni in Bulgaria (Fonte: L’Osservatorio dell’Irriverente su dati Wikipedia)

 
 
 
Il risultato del voto e la distribuzione dei seggi

Questo senso di scoramento si coglie anche nelle scelte di quella minoranza che ai seggi elettorali c’è andata.

Nella TABELLA 1 riportiamo il risultato dei voti espressi, sia in percentuale che per il numero di seggi conquistati. A titolo di confronto riportiamo anche il numero di seggi conquistati nelle elezioni precedenti, quelle di novembre 2021. I nomi dei partiti non diranno granché a un lettore italiano, pertanto abbiamo dato un’indicazione anche dell’orientamento politico di ciascun partito. Ricordandosi sempre che il risultato rappresenta il voto espresso solo da un terzo dell’elettorato, i dati forniscono le seguenti indicazioni:

  • Dopo gli scandali, Borisov è riuscito a recuperare in parte le proprie posizioni, tanto che i rapporti di forza in parlamento tra il suo partito e quello di Petkov si sono invertiti.
  • I primi due partiti, GERB di Borisov e Continuiamo il Cambiamento di Petkov totalizzano meno della metà dei suffragi, quindi anche stavolta, quel poco di voto che si è espresso si è estremamente frazionato.
  • Tutti gli altri partiti hanno mantenuto all’incirca i seggi nell’anno scorso, eccetto tre liste, due in tabella e una no:
    • Avanzano sensibilmente i nazionalisti di Rinascita e i populisti di Ascesa Bulgara.
    • Scompaiono, invece, (e per questa ragione non sono in tabella) gli altrettanto populisti di ITN, una formazione guidata da un cantante, che aveva cavalcato le proteste del 2020 e ottenuto ben 25 seggi con quasi il 10% dei voti; aveva sostenuto il governo Petkov, ma poi era stata proprio la formazione che lo aveva fatto cadere; l’elettorato l’ha condannata, tanto da perdere interamente la propria presenza in Parlamento.
La distribuzione dei voti e dei seggi alle elezioni di ottobre del 2022 in Bulgaria
TABELLA 1: I risultati delle elezioni in Bulgaria (Fonte: l’Osservatorio dell’Irriverente su dati Wikipedia

 
 
 
Il senso del voto

È significativo che in Bulgaria la distinzione tra destra e sinistra non sia associata alle ideologie dell’Otto-Novecento, come avviene, di fatto, da noi. In Bulgaria essere di destra significa essere filo-atlantisti e filo-europeisti. Essere di sinistra significa essere filo-russi. Percui, si distinguono, di fatto, tre famiglie politiche: la destra, la sinistra e quelli che tengono il piede in due scarpe. Il panorama è il seguente:

  • A destra: Continuiamo il Cambiamento e Bulgaria Democratica
  • Al centro: GERB, BSP per la Bulgaria e Movimento per i Diritti e le Libertà
  • A sinistra: Rinascita e Ascesa Bulgara

Nessuno di questi raggruppamenti ha la maggioranza dei seggi e, nello stesso tempo, nessuno vuole fare coalizione con gli altri. Formare un governo è sostanzialmente impossibile.

 
 
 
Un quadro della rappresentanza parlamentare

Facciamo un quadro più preciso dell’orientamento delle forze politiche rappresentate in Parlamento:

  • GERB è l’epicentro di una politica basata sull’affarismo e la corruttela, che ha in Bojko Borisov un leader capace di intrattenere relazioni con chiunque: accanto ad Angela Merkel nei suoi momenti di gloria, ma anche a Marie Le Pen; grande amico degli Stati Uniti, ma socio in affari della Russia; europeista che alza il veto contro la Macedonia del Nord. GERB di Borisov rappresenta esattamente la politica dell’affarismo, contro la quale si erano sollevate le piazze nel 2020.
  • Rinascita è un partito nazionalista, cioè vicino all’esercito e alla Russia.
  • Il BSP, derivazione del vecchio Partito Comunista, pur esprimendo da 10 anni, in Sergej Stanishev, il presidente del Partito Socialista Europeo, ha in questo momento forti ascendenze filo-russe.
  • Ascesa Bulgara è il partito più preoccupante. Fondato in occasione di queste elezioni, la sua figura più rilevante è Stefan Janev, ex Generale di Brigata, Ministro della Difesa sotto l’ultimo governo Borisov, Primo Ministro ad interim del Presidente per traghettare alle elezioni di novembre, nuovamente Ministro della Difesa nel governo Petkov. Allo scoppio dell’aggressione russa all’Ucraina, l’aveva definita Operazione Speciale: Petkov gli aveva immediatamente chiesto di dimettersi. Lui, vicinissimo al Presidente, ha fondato un partito che ne rappresenta le istanze.

Il voto fa emergere un Paese frammentato. Da una parte c’è un Paese deluso e amareggiato, che rinuncia al voto perché ha completamente perso fiducia nella sua classe dirigente. Dall’altra c’è un Paese abbarbicato al Novecento, che si affida a un nazionalismo militarista o al nostalgismo comunista per trovare rifugio nel sogno panslavo russo. Dall’altra ancora c’è chi è avvinghiato all’affarismo e alla corruttela. E poi c’è una parte che si affida a un’alternativa costruttiva, ma fragile, che va sempre più assottigliandosi.

Un quadro non proprio rassicurante…


 
4. Conclusioni

All’indomani delle elezioni, mentre se ne attendevano i risultati, all’interno della NATO si è sollevata l’ipotesi di includere immediatamente l’Ucraina nell’alleanza, allo scopo di complicare a Putin l’utilizzo di armi nucleari nella sua guerra di aggressione. Il Presidente Radev ha immediatamente ammonito che la Bulgaria vi si opporrà. Anche in questo caso, tale opposizione equivarrebbe a un veto, dal momento che anche nella NATO simili decisioni devono essere assunte all’unanimità.

Questo intervento è l’ultimo esplicito segnale dell’orientamento che sta assumendo la leadership Bulgara. Il Presidente Radev sta creando le condizioni per divenire sempre più il perno di tutta la politica del Paese. Sta sfruttando le indecisioni dell’elettorato e i veti incrociati dei partiti in Parlamento che rendono da anni impossibile la formazione di un governo stabile. In queste condizioni la Costituzione attribuisce al Presidente il potere di instaurare governi che non rispondono al Parlamento, ma a lui e lui solo.

Questo è ciò su cui Radev sta giocando. Questa situazione, infatti, consente al Presidente di instaurare una sorta di regime di fatto, in cui il Parlamento è esautorato e figure provenienti dagli ambienti militari, a lui fedeli e di orientamento filo-russo, assumono sempre più ruoli chiave nell’organizzazione dello Stato.

L’unico aspetto che sta facendo vacillare questo disegno è la stessa debolezza russa nel quadro geostrategico.  Ma ciò che sta accadendo in Bulgaria è molto più della semplice affermazione di forze populiste o di estrema destra, come sta accadendo in altri Paesi. Ciò che si sta paventando in Bulgaria è un golpe mascherato nel cuore dell’Unione Europea e della NATO. Nell’indifferenza dell’una e dell’altra.

 
 
 
Una lezione per l’Italia: la legge elettorale

Una delle principali ragioni dello stallo della politica bulgara è la sua legge elettorale. Rigorosamente proporzionale, favorisce lo sgranamento della rappresentanza e l’impossibilità di formare maggioranze parlamentari. Se c’è un rimprovero che può essere sollevato a Petkov è proprio quello di non aver approfittato dei suoi mesi di governo per cambiare la legge elettorale.

Questo stato di cose meriterebbe di essere ben esaminato da chi critica la legge elettorale in Italia. In un altro articolo, pubblicato durante la campagna elettorale, abbiamo già fatto emergere gli enormi limiti della legge. Chi la critica, tuttavia, ne lamenta il peso eccessivo della componente maggioritaria, che altera la rappresentanza delle forze politiche. In questo modo, il dibattito sembra spingere verso una legge proporzionale.

Sarebbe l’inferno. Cioè, uno scenario bulgaro. O israeliano, dove una legge proporzionale comporta conseguenze identiche: l’impossibilità dei Parlamenti di definire maggioranze chiare. In Italia, come in Bulgaria, è urgente una nuova legge elettorale. Ma non in senso proporzionale. È necessaria una legge che consenta di raggiungere due obiettivi: agli elettori di scegliere i propri rappresentanti; al Parlamento di avere, il giorno dopo le elezioni, una maggioranza definita. Indipendentemente dal suo colore.

Ciò però implica:

  • il rispetto tra le forze politiche (se vince l’avversario, si accetta che governi senza inscenare tragedie)
  • avere fiducia nelle istituzioni che garantiscono l’equilibrio democratico del Paese, prima fra tutte la Presidenza della Repubblica

È esattamente ciò che manca in Bulgaria. È esattamente ciò di cui c’è un gran bisogno anche da noi.

 
 
 
Una lezione per l’Italia: l’astensione al voto

In Bulgaria si considera ormai normale che voti meno della metà degli elettori. Sia le forze politiche, sia il sistema dell’informazione ignorano completamente il messaggio proveniente da quella maggioranza silenziosa. Esattamente come da noi, in Italia. Eppure, quel silenzio non significa disinteresse. Ha un esplicito significato politico. È un urlo e un’implorazione. È un senso di frustrazione. Piaccia o non piaccia il futuro politico è in quel silenzio: è, cioè, nelle aspettative insoddisfatte di quella maggioranza, nelle sue domande che cercano risposte senza trovarle. Quelle domande sono la maggioranza. Per questa ragione, comprenderle e trovarne una soddisfacente risposta è il futuro. Non farlo, significa che quelle domande cercheranno un’altra strada per ottenere risposta.

E non è detto che quella strada sia una bella sorpresa. Prevenire sarebbe meglio che curare.

 

Grafico realizzato in Power BI, tabella realizzata in Excel
© L’Irriverente, 2022

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