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Prezzo della benzina: facciamo il punto

La stucchevole canea di questi giorni sull’aumento del prezzo della benzina avrà indotto una sciabordante confusione in molti. Cerchiamo di chiarire la situazione. Perché c’è stato l’aumento del prezzo della benzina? C’è stata speculazione? Da parte di chi? Che cosa dicono i dati?

Dopo giorni di tempestose polemiche sull’aumento del prezzo della benzina, proviamo a fare un po’ d’ordine. Cerchiamo di capire che cosa è accaduto e di smontare qualcuno degli argomenti pretestuosi che sono stati sollevati in questi giorni. Emergerà che, come ormai è chiaro anche negli ambienti più facinorosi, la responsabilità è tutta esclusivamente del Governo. Un Governo che, tuttavia, in diversi suoi elementi, come è montata la polemica, ha cercato un capro espiatorio su cui scaricare le proprie responsabilità. E ha cercato di trovarlo nei gestori degli impianti di distribuzione di benzina. Un atteggiamento sinceramente squallido. E patetico. Anche perché ha indotto immediatamente stormi di avvoltoi e branchi di sciacalli a girargli intorno.

 

Premessa: che cosa sono le accise sui carburanti

Poiché il perno di tutta questa vicenda sono le accise sui carburanti, prima di tutto si impone un chiarimento su che cosa sono queste accise. In una recente intervista, il Prof. Mario Baldassarri ha definito le accise sui carburanti l’equivalente di quello che una volta era la tassa sul sale. Una tassa odiosa, perché si basava su un bene il cui consumo era sostanzialmente non comprimibile e che colpiva tutti i ceti, ricchi e poveri, indiscriminatamente. E, come sempre accade in questi casi, chi ne pagava di più il prezzo erano i ceti più poveri. Non a caso, proprio in reazione a questa tassa, sollevazioni di popolo hanno non di rado fatto crollare imperi.
Ebbene, le accise sui carburanti sono una tassa di questo tipo. Esistono per consentire allo Stato di fare facilmente cassa: perché il consumo di carburante, oggi, è ineludibile e incomprimibile, quindi la tassa garantisce allo Stato entrate facili e sicure. L’evasione, in questo caso, è quasi impossibile.
Si tratta, si sarà capito, di una tassa fissa per ogni litro venduto di carburante. Fu introdotta per la prima volta nel 1921. Da allora, si trovarono le scuse più diverse per incrementarla. Nonostante le scuse fossero occasionali, tali incrementi sono sempre divenuti permanenti. Perciò, con aumenti dell’accisa sui carburanti, si finanziò la guerra d’Etiopia; poi il disastro del Vajont; poi l’alluvione di Firenze; poi i terremoti del Belice, del Friuli Venezia Giulia e dell’Irpinia; venendo a tempi più recenti, nel 2005 si pensò di finanziare con la benzina gli autobus ecologici, mentre del 2011 si finanziò nientepopodimenoché (udite, udite …) la cultura!
Tutte scuse, ovviamente. L’ammontare complessivo delle accise oggi è di 72,84 centesimi al litro per la benzina e 61,74 centesimi per il gasolio. Ad esse deve essere aggiunta l’Iva, che si applica anche sulle accise.

 

I fatti

Lo scorso marzo, il Governo Draghi, per la prima volta dall’introduzione delle accise, ne decise una temporanea riduzione di 25 centesimi. Poiché sulle accise si applica l’iva, la riduzione sul prezzo finale della benzina era di 30,5 centesimi. Questa riduzione, entrata in vigore il 22 marzo, fu prorogata di mese in mese fino a novembre, quando il Governo Meloni decise che dal 1° dicembre il taglio delle accise si sarebbe ridotto a 15 centesimi al litro anziché 25 centesimi. Ora, dal 1° di gennaio il Governo ha deciso che tali riduzioni siano interamente cancellate.

 

Che cosa accadde a dicembre

Già a dicembre montarono le polemiche per l’aumento del prezzo della benzina da parte dei benzinai. Avvalendoci dei dati del Ministero già allora mostrammo (vedi l’articolo qui LINK), che in grandissima maggioranza non c’erano stati affatto aumenti di prezzo della benzina e che i distributori che avevano aumentato, avevano semplicemente ribaltato sul prezzo finale l’aumento delle accise e della conseguente Iva. Qualcuno forse pretendeva che i distributori facessero beneficenza?

 

Che cosa è accaduto a gennaio

Con il ripristino integrale delle accise, a partire dal 1° di gennaio, si è riproposto esattamente lo stesso scenario di dicembre. Come abbiamo mostrato ai primi di gennaio (in un articolo sugli aumenti e poi in uno sulla benzina a 2 euro), sono stati moltissimi i distributori che non affatto cambiato il prezzo praticato della benzina. Coloro che l’hanno aumentato hanno semplicemente ribaltato l’aumento delle accise e dell’iva corrispondente sul prezzo finale. Un comportamento ovvio, prevedibile e più che legittimo. Esattamente come a dicembre.

 

Ma non c’è stata speculazione da parte dei benzinai?

Qualcuno ha paventato l’idea che i benzinai stessero speculando. Intendiamoci anzitutto. Che cosa si intende quando si allude alla speculazione? Il prezzo in Italia è libero. I commercianti hanno tutto il diritto di praticare il prezzo che vogliono. Se un commerciante decide di fare un prezzo alto, lo fa a suo rischio e pericolo. Perché, è evidente, i clienti tenderanno ad andare a comprare da chi fa prezzi più convenienti. Nel caso in specie, se un distributore pratica prezzi troppo alti, perderà buona parte dei suoi clienti, che tenderanno ad andare a fare rifornimento da altri. Peggio per lui!
Parlare di speculazione da parte di benzinai (o, più in generale, di commercianti) è una sciocchezza, che non ha né capo né coda. Che ne parli una persona comune, è indice soltanto di perdonabile ignoranza in buona fede. Che lo faccia un giornalista, in buona fede o meno, è indice di ignoranza imperdonabile. Che lo faccia un politico, peggio che mai un Ministro della Repubblica, è vomitevole e sicuramente in mala fede.

 

Ma allora, perché si dice che i benzinai stanno speculando?

Quando si parla di speculazione dei benzinai, in verità si allude alla possibilità che abbiano costituito, esplicitamente o tacitamente, un cartello. Cioè, si siano messi d’accordo per aumentare i prezzi della benzina. Questo pensiero è ciò che ha ispirato taluni che hanno addirittura avanzato esposti all’Antitrust. Esposti che, siamo pronti a scommettere, almeno per quanto riguarda i benzinai, non porteranno a nulla. Se ci fosse un cartello tra i benzinai, gli aumenti sul prezzo della benzina sarebbero prevalentemente superiori a quello delle accise e dell’iva e tenderebbero ad essere uguali. I dati che abbiamo pubblicato negli articoli di dicembre e di Capodanno sono limpidi. Gli aumenti superiori al livello delle accise sono stati sporadici. Dunque, non sono indice di un cartello. E neppure si può dire che i distributori pratichino tutti lo stesso prezzo, né che ci sia un prezzo prevalente.
L’ipotesi di un cartello tra i distributori non sta in piedi.
In conclusione, gli aumenti del prezzo della benzina non sono conseguenza di un comportamento riprovevole dei benzinai, ma l’effetto ineludibile (e prevedibile) delle scelte del Governo. Da questo punto di vista, come abbiamo già rilevato negli articoli precedenti, esponenti di Governo che non hanno neanche il coraggio e la decenza di assumersi la responsabilità delle proprie scelte sarebbe auspicabile che togliessero il disturbo o imparassero una buona volta che cosa vuol dire essere classe dirigente.

 

Ma adesso il Governo vigilerà!

I recenti provvedimenti governativi per far fronte agli aumenti dei prezzi della benzina, una raffica in sequenza, l’uno in contraddizione con l’altro, sinceramente, fanno ridere i polli e sonno l’ennesima dimostrazione di una classe dirigente inetta e allo sbaraglio. Imporre ai benzinai di esporre un prezzo medio (che dovrebbe essere calcolato da chi? E comunicato loro in che forma?), significherà imporre loro nuovi costi inutili. Dunque, provocheranno un ulteriore innalzamento dei prezzi. Ma che senso avrebbe pretendere, ad esempio, che i panettieri espongano insieme al prezzo del loro pane, anche il prezzo medio del pane in tutta Italia? Solo un’accolita di squallidi cialtroni sgangherati potrebbe concepire una simile dabbenaggine. Ma davvero abbiamo al governo dal Paese (o della Nazione, come piace loro dire) gente così?
Da anni i distributori sono tenuti a comunicare ogni mattina il prezzo praticato nel corso della giornata al Ministero per il Made in Italy (come si chiama oggi). Pertanto, il Governo non ha nessun bisogno di sguinzagliare la Guardia di Finanza in giro per il Paese. Sarebbe sufficiente che gestisse in modo ragionevole la banca dati che già ha. Sul fatto che invece questa banca dati sia gestita con criterio, stendiamo un velo pietoso!

 

E in autostrada? E nelle aree montane?

Là dove la situazione potrebbe essere più complicata è dove la concorrenza tra distributori è più difficile. In città, ovviamente problemi non ce ne sono. In certe aree montane, con pochi abitanti, ad esempio, dove i distributori sono una rarità, la possibilità di scelta del distributore può essere assai più ridotta e il distributore potrebbe essere indotto ad alzare i prezzi della benzina. Si tratta di casi sporadici, che peraltro hanno spesso una loro specifica regolamentazione.
In autostrada la situazione è diversa. Ovviamente da una parte dovrebbe essere garantita una sufficiente copertura di distributori lungo tutta la rete. Inoltre, anni fa erano stati introdotti i cosiddetti benza-cartelloni, i cartelloni che di tanto in tanto espongono i prezzi dei successivi 3-4 distributori, con l’indicazione della loro distanza. Questi cartelloni sono ancora saltuari e spesso non funzionanti. Questi sì, assai più di assalti della Guardia di Finanza, garantiscono la concorrenza tra distributori in modo permanente. Invece di cianciare intorno a dabbenaggini e interventi polizieschi, il Governo parta da qui, magari introducendo simili cartelli anche nelle aree non autostradali, dove i distributori sono più sporadici, come le aree montane.

 

Conclusioni

Che il Governo stia facendo la parte dell’accolita di Quaquaraquà in questa vicenda, non c’è dubbio. Il tentativo di giocare al capro espiatorio con i gestori degli impianti di carburanti è semplicemente vomitevole. Fintanto che il Governo si perderà in scempiaggini, ci permettiamo di proporre ai nostri quattro lettori una semplice lista di comportamenti che possono essere di aiuto per evitare brutte sorprese al distributore:

  • Prediligere sempre il self-service ed evitare i distributori con il solo servito;
  • Preferire i distributori di grande distribuzione, soprattutto se la marca è quella dell’insegna di grande distribuzione;
  • Tra le insegne petrolifere, le cosiddette pompe-bianche, cioè quelle che non fanno riferimento a una grande azienda petrolifera, hanno solitamente prezzi della benzina migliori; questa, però, non è una regola aurea, quindi invitiamo sempre a controllare i pannelli dei prezzi prima di entrare nell’impianto.
  • Ci sono in rete una quantità di siti che pubblicano i prezzi della benzina praticati dai distributori. Questi siti e applicazioni possono essere uno strumento prezioso per scegliere il distributore prima di mettersi in viaggio o, addirittura, durante il viaggio stesso.

In bocca al lupo!

 

© L’Irriverente, 2023

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