In attesa dei dati provvisori dell’Istat sull’inflazione a settembre, proponiamo qualche considerazione sui dati di agosto. L’analisi si basa sulla crescita degli indici dei prezzi al consumo in un anno, cioè ad agosto 2022 rispetto ad agosto 2021.
In questo periodo, dunque, l’inflazione ha continuato a galoppare in modo preoccupante. L’aumento annuo dell’indice NIC pubblicato dall’Istat, quello di cui parlano solitamente i giornali, ha raggiunto a maggio il 6,8%; a luglio era salito al 7,9%; ad agosto ha superato la soglia dell’8%, raggiungendo quota 8,4%. Se consideriamo il cosiddetto indice IPCA, un indice calcolato con criteri comuni in tutti i Paesi dell’Unione Europea[1], l’indice di agosto è salito addirittura del 9,1% in un anno. Da quando l’Italia ha abbandonato la lira, mai ha conosciuto livelli d’inflazione tanto alti. L’inflazione è una bestia terribile: comporta che i soldi che abbiamo in tasca valgono sempre meno e ciò che intendiamo acquistare per soddisfare i nostri bisogni svuota sempre più rapidamente i nostri conti correnti. Le persone che ne sono più colpite sono quelle con minori disponibilità economiche. Gli studiosi la definiscono la tassa dei poveri.
Una curiosa anomalia
Perché l’inflazione cresce così tanto? Naturalmente, c’è stato il problema del covid; naturalmente c’è il problema della guerra d’aggressione contro l’Ucraina; naturalmente c’è la tensione sulle forniture di gas; naturalmente c’è il problema della penuria di grano; naturalmente c’è l’India che ha ristretto le esportazioni di riso (non ne parla quasi nessuno, in verità …); naturalmente c’è la siccità … ma siamo sicuri che siano queste le sue cause?
Nel cuore dell’Europa c’è un buco. Si chiama Svizzera. È un buco nel senso che è un Paese che non appartiene all’Unione Europea, però è circondato da Paesi che dell’Unione Europea sono membri. In Svizzera, sempre secondo l’indice IPCA, l’inflazione è intorno al 3,3% … Scusate??? Ripeto: 3,3%???? Ma ai suoi confini la Francia non è al 6,6%? E la Germania non è all’8,8%? L’Austria al 9,2%? E noi, non siamo al 9,1%? … Come è possibile che la Svizzera sia un’isola felice?
INDICE
1. L’inflazione in Italia e il confronto con gli altri paesi europei
Cerchiamo di capire meglio. Lo faremo confrontando quanto accade in Italia con ciò che accade negli altri Paesi Europei. Ci baseremo sui dati pubblicati da Eurostat, l’istituto di statistica Europeo[2], che consente di confrontare i dati dell’indice IPCA in tutti i Paesi dell’Unione e in alcuni Paesi che hanno specifici accordi con l’Unione stessa. Come la Svizzera, appunto[3]. Cominceremo confrontando l’indice generale, per poi scendere più nel dettaglio di alcune specifiche categorie di prodotto.
Quanto cresce l’inflazione italiana rispetto agli altri paesi europei?
Il GRAFICO 1 mostra il posizionamento dell’inflazione in Italia rispetto all’inflazione degli altri Paesi Europei. Per facilitare la lettura del grafico, abbiamo evidenziato l’Italia in giallo e colorato in rosso la media UE e la media dell’Area Euro. Come si può notare, l’inflazione italiana è più bassa della media UE, ma è sostanzialmente al livello della media dei Paesi dell’area Euro. Ciò significa che ci sono alcuni Paesi che hanno un’inflazione migliore della nostra (cioè più bassa, sostanzialmente quelli che sono alla destra del grafico), ma ce ne sono anche molti che hanno un’inflazione peggiore della nostra (cioè più alta, quelli che sono alla sinistra del grafico).
La mappa che segue consente di visualizzare meglio dove si concentra l’inflazione più alta: più il colore è scuro, più l’inflazione è alta. In Estonia, Lettonia e Lituania l’inflazione è addirittura sopra il 20%, mentre in Ungheria, Repubblica Ceca, Macedonia del Nord e Bulgaria l’inflazione è tra il 15 e il 20%; in Polonia siamo appena sotto quella soglia, al 14,8%. Si tratta, in tutti questi casi, di Paesi dell’Est Europeo, alcuni anche appartenenti all’Area Euro (Estonia, Lettonia e Lituania), mentre la Macedonia del Nord, non è ancora membro dell’Unione Europea.
Un ginepraio
Tutti questi paesi hanno un’inflazione quasi doppia rispetto alla nostra, in alcuni casi addirittura più che doppia. Si distinguono, invece, per un’inflazione inferiore all’8% Finlandia, Norvegia, Malta, Francia e Islanda, con la Svizzera, addirittura, con un’inflazione al 3,3% (il piccolo buco chiaro al centro della mappa …)! Palesemente il dato dell’inflazione non dipende dall’adozione o meno dell’Euro. Estonia, Lettonia e Lituania, i tre Paesi Europei con l’inflazione più alta, appartengono all’Area Euro, mentre l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Macedonia, la Bulgaria e la Polonia, i Paesi che subito seguono, hanno ancora le proprie monete. Per converso, Norvegia, Islanda e Svizzera (tra i Paesi con l’inflazione più bassa) non fanno parte dell’Area Euro, ma Francia, Malta, Lussemburgo e Germania (che rientrano in questo gruppo) invece sì. Dunque, il livello dell’inflazione non sembra dipendere dall’appartenenza dei Paesi all’Area Euro. Come spiegare differenze tanto ampie?
2. Prezzi impazziti
Per i maniaci dei numeri abbiamo preparato una raccolta di schede scaricabili, che consentono di verificare che cosa accade ai prezzi di diverse categorie di prodotto (vedi il link in fondo all’articolo). Abbiamo fatto una selezione delle categorie che ci sembravano più significative, vuoi per gli strani andamenti dei prezzi, vuoi perché indicativi per sfatare alcuni miti.
Ciò che se ne conclude è semplice e ad un tempo straniante: i prezzi sono semplicemente impazziti. Non centra niente la guerra, non centra niente il riscaldamento climatico, non centra niente il covid o la crisi dei prezzi internazionali. I prezzi sono semplicemente impazziti.
Le differenze tra i Paesi
Già il dato generale che abbiamo illustrato nella mappa è piuttosto destabilizzante. Che senso ha che in Svizzera il tasso d’inflazione sia al 3,3%, mentre appena al di là dalle Alpi sia quasi al 10%.? Si potrebbe pensare: altra moneta, altra economia …. Va bene … ma l’aumento dei prodotti alimentari dovrebbe avere per tutti le stesse cause. Tanto per dire: il pane. Dice: non c’è più il grano dell’Ucraina, costa uno sfracello … Quindi è normale che in Macedonia del Nord e in Ungheria il suo aumento stia sfiorando l’80%, in Lituania sia a quota 33%, da noi al 14%, mentre in Svizzera è sotto il 4%? …
E le uova? In Estonia stanno crescendo più del 50%, in Ungheria del 48%, mentre in Svizzera solo del 3,9% e in Norvegia del 4,6% (da noi siamo al 15% …).
Gli olii di semi in Danimarca stanno quasi raddoppiando (94%), più o meno come in Germania (81,2%), in Italia siamo al 62% … perché in Ungheria, uno dei Paesi in cui i prezzi stanno crescendo di più, sono al 2,4%?
Lo zucchero in Polonia sta raddoppiando di prezzo (109%), da noi sta crescendo del 15% … in Svizzera siamo sotto l’1%.
Se le cause di queste variazioni fossero strutturali, cioè dipendessero da fattori esterni, come guerre, pandemie o crisi delle forniture, la situazione dovrebbe essere piuttosto omogenea tra i Paesi. Invece, è palese che non è così. Non c’è logica nel prezzo dello zucchero in Polonia rispetto alla Svizzera. I prezzi hanno semplicemente un comportamento schizofrenico.
La siccità
L’acqua minerale sta crescendo di prezzo in Italia del 12,7%. Si dice: c’è la siccità. Dev’essere peggio di un disastro, allora, la siccità in Ungheria, dove i prezzi sono cresciuti del 27,7% o in Repubblica Ceca, dove gli aumenti sono del 20,7%. Invece, a Malta, probabilmente il sole non si è visto neanche con il lanternino, supponiamo, perché i prezzi dell’acqua minerale ad agosto sono cresciuti solo del 2,5% … e non è che i trasporti da quelle parti siano così semplici (l’aumento di carburanti ed energia dovrebbe incidere parecchio sui loro prezzi …).
La crisi dei prodotti energetici
Qui siamo alla follia pura. Tutti, in Europa, dipendono sostanzialmente dalla Russia per le forniture di gas. Tuttavia, come per la legge che è uguale per tutti, c’è qualcuno che è più uguale degli altri. In Estonia il prezzo del gas ad agosto è aumentato del 247%, cioè è molto più che triplicato. Praticamente lo stesso che è accaduto in Grecia, dall’altra parte dell’Europa, dove il prezzo è aumentato del 221%. Da noi, come in Germania, è cresciuto del 59%. In Svizzera del 57,7%. In Spagna del 24,8%. In Serbia dell’11,2%. In Svezia del 5%. Differenze simili si possono davvero tutte imputare alla Russia? (sulla questione del prezzo del gas, si veda l’articolo che gli abbiamo dedicato)
Differenze sbalorditive si riscontrano anche sull’energia elettrica, ma in questo caso le fonti di produzione dell’energia sono molto differenti da Paese a Paese e le differenze sono più razionalmente comprensibili.
Il caso svizzero
Il caso della Svizzera è per molti aspetti il più emblematico. La sua inflazione è bassissima: 3,3%. Eppure, l’aumento del prezzo del gas è considerevole. In Svizzera i costi di energia elettrica sono cresciuti in modo moderato (come in molti Paesi Europei che per la sua produzione dipendono poco dal gas) e il prezzo del carburante, come un po’ ovunque, sta crescendo più lentamente. Là dove l’impatto dell’inflazione si sente di meno, rispetto agli altri paesi, sono gli alimentari. E questo è davvero sbalorditivo. A meno che gli Svizzeri non abbiano cominciato a nutrirsi solo di mucche, latte, cioccolato e orologi, è evidente che dipendono per tutto dall’estero. Quindi avrebbero dovuto risentire delle crisi internazionali. Invece no.
Il caso della Svizzera, che certamente indagheremo più a fondo in un prossimo articolo, dimostra che tutte le scuse che si sono accampate in questi mesi non reggono. C’è qualcosa più di fondo sull’inflazione che ci sta dilaniando.
3. Conclusioni
Non c’è dubbio che sono numerosissimi i fattori che stanno incidendo sull’inflazione. Il caso della Svizzera merita certamente un approfondimento. Ma nel frattempo alcune considerazioni si possono già anticipare.
I prezzi dei prodotti alimentari
L’articolo 3 del Trattato di Roma, quello istitutivo dell’Unione Europea (anno 1957!), prevede, tra l’altro, di istituire una politica comune nel settore dei trasporti e in quello dell’agricoltura. La prima, a distanza di 65 anni, non si vede neanche con il lanternino. Sulla seconda, i Ministri dell’Agricoltura, riuniti a Stresa tra il 3 e l’11 luglio 1958, concordarono che l’obiettivo primario della politica agricola dovesse essere quello di assicurare la certezza e l’abbondanza di rifornimenti, qualunque situazione dovesse attraversare il mercato mondiale. In sostanza, dopo la tragedia e la fame della Seconda Guerra Mondiale, si aspirava ad assicurare sempre il cibo a tutti gli europei.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: è sufficiente l’invasione di un Paese non comunitario in un Paese non comunitario perché si rasenti la crisi del pane. E non solo. La crisi dei prezzi dei prodotti alimentari in Europa è il più imperioso smacco alla decennale politica agricola dell’Unione, un sistema semi-sovietico che nessuno sembra in grado di gestire. Tanto che non è neppure in grado di garantire l’approvvigionamento di grano a prezzi ragionevoli.
C’è, tuttavia, qualcuno che si ponga il problema?
I prezzi dei prodotti energetici
Sui prezzi dei prodotti energetici rimandiamo anzitutto all’articolo che abbiamo dedicato al prezzo del gas. In ogni caso, in questo settore è ormai evidente che la crisi dei prezzi è dovuta anzitutto a decenni di non gestione dell’approvvigionamento comune di una risorsa strategica. Non esiste un mercato comune dell’energia elettrica e del gas e non esiste, non dico un mercato comune, ma neppure il buon senso di un approvvigionamento comune di risorse di cui l’Europa è sostanzialmente mera importatrice. Eppure, una delle prime forme di Unione Europea fu la CECA, la Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio, cioè un’unione dei mercati dell’industria pesante e dell’energia.
E l’aspetto monetario?
L’inflazione è un fenomeno principalmente monetario. Si ha inflazione quando la moneta presente sul mercato è superiore alla ricchezza prodotta, per cui si distribuisce più ricchezza di quanta se ne disponga. È la ragione per cui le Banche Centrali di tutto il mondo stanno aumentando i tassi d’interesse: più si aumentano i tassi, più, per una serie di effetti a catena, diminuisce la moneta circolante.
Sostanzialmente questo, cioè la distribuzione di ricchezza non disponibile, è stato l’approccio con cui molti governi (e anche la stessa Unione Europea) hanno affrontato la crisi del Covid. Per mantenere viva l’economia, la si è iniettata di risorse aumentando il debito pubblico, cioè ricchezza di cui oggi non si dispone e che dovranno pagare le future generazioni. L’obiettivo era dare ossigeno a un paziente in affanno. Ma se al paziente si dà troppo ossigeno, si rischia di ucciderlo. Se si distribuisce una ricchezza che non si è prodotta, diventa una palla che rimbalza e che non si controlla. E produce inflazione. Se non la si controlla, però, la palla prima o poi rimbalza sulla faccia …
Non è che ci ritroviamo in una situazione simile?
(scarica le slide con l’analisi per categorie di prodotto: Inflazione agosto 2022 – slide)
Grafici e mappe realizzati in Tableau Public
© 2022, L’Irriverente
[1] L’acronimo significa: Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato.
[2] Eurostat ha dedicato un articolo sull’andamento del prezzo del pane in Europa (in inglese), che può essere consultato al seguente link: https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/ddn-20220919-1. Le analisi si basano sui dati del database di Eurostat pubblicato al seguente link: https://ec.europa.eu/eurostat/data/database?node_code=prc_hicp. Il sito di Eurostat non è di facile consultazione, ma un rapporto sull’inflazione ad agosto in Europa può essere consultato al seguente link: https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Inflation_in_the_euro_area.
[3] Dal confronto abbiamo escluso la Turchia, la cui inflazione ad agosto ha raggiunto quota 80%. Si tratta di un dato abnorme, naturalmente, provocato dalla scellerata politica monetaria del suo Presidente. L’introduzione del dato nei grafici li avrebbe resi sostanzialmente illeggibili. Peraltro, il confronto avrebbe avuto poco senso, data la natura del tutto peculiare dell’inflazione in Turchia.
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